Eugenio Mozzoni Frosconi (1811 – 1881)

Giuseppe Daniele Benzoni, Ritratto di Eugenio Mozzoni Frosconi, 1882

Eugenio Mozzoni Frosconi nacque nel 1811 a Belluno da Alessandro, prefetto del dipartimento di Pavia, e dalla nobile Costanza Cartier. La famiglia Mozzoni, originaria del contado del Seprio e di antica nobiltà, signoreggiò in Bisuschio, località della Valceresio nel territorio di Varese. I Mozzoni abitarono in Milano sin dal 1242: nel 1311, in occasione della pace tra i Torriani e i Visconti, furono annoverati fra le famiglie nobili della città; tuttavia furono ascritti al patriziato solo nel 1558. Dopo Jacubus “de Mozzonibus”, feudatario nel 1280 di Bisuschio, Arcisate e Ravasina, la famiglia annoverò Pezzino, “vir potens” e condottiero sotto Bernabò Visconti; Giovanni (1406), capitano e vicario di Varese in rappresentanza di Giovanni Maria e Filippo Maria Visconti; Ascanio, scrittore e poeta; e ancora Bartolomeo, vicario generale della Congregazione Carmelitana e oratore di Carlo II Re di Spagna presso Francesco d’Este duca di Modena e Carlo Ferdinando Gonzaga, duca di Mantova. Da uno dei figli di Giovanni, Orlando, discende il ramo dei Mozzoni-Frosconi, quando Giulio Cesare, segretario dello Stato di Milano (1683), aggiunse al proprio il cognome della nobile famiglia di Varese Frosconi per fedecommesso istituito in suo favore dallo zio materno Carlo Francesco.
A differenza del padre, che, come accennato, era stato prefetto del dipartimento di Pavia ed anche consulente legale dei Luoghi Pii Elemosinieri, a favore dei quali nel 1840 aveva legato 629,60 lire austriache come parte degli onorari a lui dovuti dall’Amministrazione, Eugenio Napoleone Bernardo Mozzoni Frosconi intraprese la carriera militare nell’armata austriaca, raggiungendo il grado di capitano che mantenne fino al suo ritiro.
Il 10 dicembre 1881, all’età di settant’anni, morì celibe nel suo appartamento milanese in via Torino 4. Destinò “la sua tenue sostanza”, come sottolineò nel testamento olografo datato 31 gennaio 1879 e nei successivi codicilli, “al sollievo del povero e della sofferente umanità”, nominando erede la Congregazione di Carità di Milano con l’obbligo di erogare i frutti “in sussidio di famiglie senza colpa decadute senza distinzione di condizione; dando però sempre la preferenza a chi può far valere trovarsi in qualsiasi grado di parentela colla mia famiglia”.
Il suo patrimonio, che ammontava a oltre 123.000 lire, era composto da numerosi crediti verso privati e rendite “in capitale”, tra cui obbligazioni dello Stato, del prestito nazionale del 1866, delle strade ferrate meridionali, di quelle sarde e della strada ferrata Milano-Vigevano; e ancora obbligazioni dei prestiti delle città di Comacchio e Napoli e crediti verso Banche e Casse di Risparmio.
Oltre a ricordare i suoi parenti, lasciò alcuni legati all’Istituto dei sordomuti, all’Istituto dei ciechi e all’Istituto delle piccole beneficenze (l’Opera Pia Gerli dei Piccoli contributi), che aveva per scopo proprio di “sovvenire con ajuti materiali e morali” coloro che non essendo domiciliati da dieci anni in città non avevano diritto a invocare il soccorso della Congregazione di carità.
A Ferdinando Brugnatelli, maggiore in ritiro e suo esecutore testamentario, donò la spada a lui lasciata dal suocero e la sciabola “colla quale feci la campagna contro i montenegrini”, mentre a suo figlio Giuseppe, luogotenente, lasciò il suo cannocchiale da campo “già proprietà del celebre Arciduca Carlo”. Infine, elargì alla città di Milano un credito verso un privato di 3333,33 lire con l’obbligo di ripartire gli interessi “in uno di quei giorni destinati a celebrare la memoria delle Cinque Giornate fra due ragazzi e due ragazze di famiglie povere e oneste che si saranno più distinti nelle scuole comunali” e, sempre alla città, lasciò i risultati di quello che evidentemente fu il suo passatempo: la raccolta di conchiglie e le composizioni da lui stesso create con le medesime.
Eugenio Mozzoni Frosconi richiese infine che il suo funerale fosse “senza pompa e modestissimo e senza l’intervento della Chiesa”.
Tre giorni dopo la sua morte, sul periodico “La perseveranza”, la Congregazione di Carità segnalò “[…] alla gratitudine della cittadinanza la memoria del nobile Eugenio Mozzoni Frosconi, capitano in ritiro”.

(da Il tesoro dei poveri, pp. 242-244, testo di Antonio Maria Orecchia)