Faustina Foglieni Brocca (1818 – 1892)

Enrico Crespi, Ritratto di Faustina Foglieni Brocca, 1893
Achille Ferrario, Ritratto fotografico di Faustina Foglieni Brocca

Faustina, il cui nome anagrafico era Margherita Maddalena, nacque a Solza, un piccolo villaggio del bergamasco, il 17 aprile del 1818, dai genitori Pietro Foglieni e Antonia Locatelli. La sua era una famiglia abbastanza numerosa composta di dieci bocche da sfamare; i genitori non ebbero quindi problemi a lasciare che la loro figlia Faustina giovane adolescente, una volta conosciuto Gugliemo Spandri, nativo di Castello di Lecco, di condizione possidente e prossimo ai cinquant’anni, lo seguisse come “figlia adottiva” a Milano. Le carte purtroppo non rivelano attraverso quali percorsi i due si conobbero, è certo però che lo Spandri visse con lei a Milano nel palazzo di Porta Romana 80, di proprietà del suo amico Francesco Pertusati, per circa trent’anni conducendo una vita lieta e serena, fino alla sua morte avvenuta il 17 giugno 1868.
Con testamento stilato il 6 luglio 1865, lo Spandri “in virtù e rimunerazione della costanti premure che mi ha sempre dimostrata” la lasciò erede di tutta la sua sostanza, divenendo così l’artefice della sua fortuna.
Da allora la Foglieni oltre a dedicarsi alla gestione del patrimonio che seppe conservare e accrescere, con intelligenza e arguzia nel tempo “attraverso una fitta rete di prestiti con interessi a ad enti pubblici e privati”, si prodigò con instancabile energia alla distribuzione della beneficenza a moltissimi istituti ed enti laici ed ecclesiastici presenti nella cittadina milanese, comasca e nel territorio bergamasco a lei legato da vincoli di nascita; sovvenzionò inoltre ripristini di chiese e opere d’arte in Milano e dintorni, tra cui il celebre monumento alle Cinque Giornate di Milano, senza dimenticare famigliari e amici di Solza, che spesso ricorrevano a lei “come una benefattrice”. Seppe inoltre condurre “una vita piena” come attestano i piccoli registri delle spese da lei minuziosamente annotati: viaggiava, andava a teatro (si riservava un palco fisso alla Scala e al teatro Carcano), leggeva, s’interessava d’arte, d’erbe e medicinali. Volle inoltre a sue spese dotare d’acqua potabile il comune natio di Solza e i vicini Calusco d’Adda, Castelletto Suisio e Medolago, opera che nel 1881 le fruttò la medaglia d’oro di civica benemerenza “da lei richiesta espressamente e con perentorietà” e che le fu assegnata dal Ministero d’Agricoltura, Industrie e Commercio durante l’Esposizione Nazionale di Milano.
Non deve stupire quindi, se un esponente della famiglia Brocca, Fortunato, che Faustina conosceva, la chiedesse in moglie all’età di cinquantotto anni. Dopo qualche tentennamento, testimoniato dal fitto carteggio con il pretendente(“Indecisione che proviene in parte […] dai consigli del povero signor Guglielmo mio benefatore, che mi amò sempre d’affezzione Santa più che Paterna” e dal fatto che “lei si può immaginare se alla mia età posso avere dei grilli per la testa” ma “sentiva in se un vuoto” e asseriva che “questa benedetta indipendenza è bella fino ad un certo punto”) acconsentì a sposarlo.
Le nozze furono celebrate il 1° luglio 1876 e i coniugi Brocca vissero nella casa già abitata da Faustina; nel 1879 separarono i beni per preservare entrambi la propria autonomia economica e per evitare controversie con gli eredi Brocca. Fortunato si spense il primo maggio 1882 nominando erede universale il nipote Giovanni e lasciando alla moglie “per le assidue e delicate cure che mi ha prodigato […] le preziosità e le argenterie, i mobili che si trovino nella nostra casa comune”.
Faustina sopravvisse al marito per altri dieci anni; morì all’età di settantaquattro anni il 10 gennaio 1892. Con suo testamento stilato il 9 marzo 1888 e pubblicato dal notaio Patellani, nominò erede universale la Congregazione di Carità assegnandole un patrimonio di lire 162.963,20, tra cui vari legati a sorelle, parenti, e amici.
Fu tumulata in un colombario presso il Cimitero Monumentale di Milano, da lei acquistato, non distante dal “monumento – sepolcro” disegnato da Carlo Maciachini che a titolo di riconoscenza aveva fatto erigere a ricordo del suo benefattore Spandri. “Le nobili doti della compianta” furono ricordate con “affettuose, belle e opportune parole incise sulla casella” dall’allora segretario generale della Congregazione di Carità, il nobile Camillo Fumagalli.

(da Il tesoro dei poveri, pp. 256-257, testo di Enrica Panzeri)