Francesco Carlo Biffi (1794 – 1879)

Gerolamo Oldofredi Tadini, Ritratto di Francesco Carlo Biffi, 1880
Riformatorj 1880, foto Francesco Carlo Biffi
Ritratto fotografico di Francesco Carlo Biffi (da "Agli insigni benefattori Giuseppe Carpani, Francesco Biffi, Luigi Beltramoli morti beneficando l'opera pia. Tributo di riconoscenza, a cura dei Riformatorj pei giovani nella Provincia di Milano", 1880)

Francesco Carlo Biffi nacque a Brentana, frazione di Sulbiate Inferiore vicino a Vimercate, il 3 ottobre 1794; secondogenito (dopo Clara e prima di Caterina e Petronilla), figlio di Innocente e di Giuseppa Carpani, morì a Milano di broncopolmonite il 30 dicembre 1879. Il padre Innocente, con suo fratello Giuseppe Antonio e con uno zio Paolo Antonio, risultano titolari, negli anni dal 1787 al 1799, dell’appalto del censo del sale per la città e provincia di Milano, confermato dalle ricevute di pagamento rilasciate dal tesoriere generale Carlo Gussoni. Al momento della morte i beni di Francesco Carlo Biffi, celibe e abitante in via Monforte 10, risultanti nell’imponibile della denuncia di successione, ammontavano alla cospicua somma di 2.050.593 lire. Tale ingente fortuna era ripartita fra beni immobili, valore delle scorte nelle possessioni rurali, crediti di capitali ed interessi e, infine, azioni e rendite pubbliche. Tra i beni immobili spiccano due grandi possessioni: la prima, di 1616 pertiche, detta di Tregolo presso Erba, era estesa nei comuni di Costa Masnaga, Centemero, Bulciago, Rogeno, Brenno, Nibionno, Incino e Cassina Mariaga; la seconda, di 2707 pertiche, detta di Sulbiate, comprendeva alcune proprietà nelle comunità di Sulbiate Superiore ed Inferiore, Cornate, Verderio Superiore ed Inferiore, Aicurzio e Bellusco. Un’ulteriore conferma di tale ingente ricchezza immobiliare si evince dall’estratto catastale del comune di Sulbiate Superiore, risalente al 1866, da cui risulta che Biffi fosse certamente il maggior proprietario nella comunità poiché possedeva ben otto case, definite da villeggiatura o coloniche, oltre a circa settanta appezzamenti di diversa qualità ed estensione. Inoltre, da analoghe fonti catastali, risulta che, nel 1867, i fratelli Biffi possedessero cinque case e oltre cento pezze di terra di varia qualità e misura nel comune di Tregolo con Costa Masnaga.
Francesco Biffi, definito “cittadino ben fornito di censo proprio, come ricco d’ingegno, di cultura e di spirito, rifuggì da ogni splendore e da ogni onore […] per circoscrivere le sue opere e l’uso generoso dei doni di natura e di fortuna, in un campo altrettanto fecondo che virtuoso, altrettanto bello quanto è nascosto: la carità e l’amor del prossimo”. Egli, infatti, non solo non trascurò di indirizzare generosi lasciti in beneficenza a molti istituti milanesi, ma si preoccupò costantemente delle condizioni di vita materiali, intellettuali e religiose dei coloni delle sue proprietà nel territorio di Brentana e limitrofi, costruendo “nuove e salubri abitazioni, [istituendo] premi ai migliori agricoltori, apr[endo] scuole pei fanciulli d’ambo i sessi, fond[ando] cause pie per nubende ed infermi, restaur[ando] chiese ed oratorj, provv[edendo] ad ogni necessità e desiderio de’ suoi buoni terrazzani”. Insomma per Biffi “il far del bene era soprattutto un bene sociale”.
Questa particolare generosità di Francesco Biffi, unita ad una notevole attenzione per i concreti bisogni di coloro che lavoravano nelle sue tenute, trova un riscontro nelle sue volontà testamentarie. Nel testamento olografo 2 gennaio 1877, cui seguì un’aggiunta in data 15 gennaio 1878, si dichiaravano eredi universali in parti uguali Giovanni Beretta, ingegnere possidente abitante a Milano in via Monte Napoleone 14 e il fratello ragionier Francesco, cugini di Biffi, in quanto figli della cugina Teresa sposata con Paolo Beretta. Si deve, infatti, ricordare che né Francesco Biffi né le sue sorelle ebbero figli.
Nel testamento, rogato dal notaio Giuseppe Capretti di Milano e aperto il giorno seguente alla morte, si elencano “moltissimi legati, altri per una volta tanto, altri vitalizi, ed altri perpetui a favore di Corpi morali e di individui”, che i due eredi avrebbero dovuto adempiere. Tra i lasciti famigliari vanno menzionati: 150.000 lire a Carlo Carpani cugino del Biffi, poiché figlio di Federico Carpani fratello di Giuseppa madre del Biffi stesso; 60.000 lire all’avvocato Giovanni Battista Catenazzi; 40.000 lire al fratello di questo, ingegner Giovanni; 6.000 lire cadauno ai figli del fratello, fu avvocato Angelo Catenazzi, e a quelli del fratello fu Ambrogio; infine, 55.000 lire alla loro sorella Teresa vedova Peverelli. Va rammentato che i fratelli e sorelle Catenazzi erano lontani cugini di Biffi poiché la nonna dello stesso Biffi, Caterina Pizzagalli sposata con Carlo Francesco Biffi, era sorella di Teresa nonna dei Catenazzi poiché maritata con Ambrogio Catenazzi.
Quanto ai legati in favore degli Istituti di Milano, questo è l’elenco: 100.000 lire alla Congregazione di Carità “per essere erogate in scopi di beneficenza come di suo istituto”; la stessa cifra all’Ospedale Maggiore; 20.000 lire all’Istituto di allattamento dei bambini “gratuito di recente erezione pei bambini legittimi di madri povere” (Opera Pia Baliatico). La somma di 10.000 lire era inoltre rispettivamente attribuita all’Istituto degli Asili di carità per l’infanzia, all’Istituto dei Ciechi, all’Istituto dei Sordomuti di campagna, all’Istituto dei Discoli di Santa Maria della pace, all’Istituto di Maternità dei bambini lattanti, alla Casa di ricovero ecclesiastico, all’Istituto del Buon Pastore, all’Istituto delle povere figlie pericolanti, al Patronato dei liberati delle Carceri, all’Orfanotrofio maschile, all’Orfanotrofio femminile detto della Stella e alla Società d’incoraggiamento arti e mestieri.
In relazione “ai coloni dei tenimenti di Sulbiate e di Tregolo”, Biffi disponeva di dare 100 lire ad ogni famiglia, più “il condono di quanto ognuno di essi si trovasse ancora in debito colonico al S. Martino” dell’anno in cui sarebbe avvenuta la sua morte. Inoltre ai fattori di Tregolo, Luigi Ferrerio e Giuseppe Bonalume, si lasciavano rispettivamente 20.000 e 15.000 lire.
Quanto ad altri interventi socialmente avanzati, in cui il “far del bene [era da intendersi] con spirito sociale e non caritativo”, Biffi decideva poi di destinare “in perpetuo lire cinquecento all’anno a cadauno dei comuni di Sulbiate Superiore e Tregolo, allo scopo dell’attivazione in essi d’una scuola serale per maschi e femmine, con maestro e maestra che abbiano regolare patente di approvazione. Questo legato però non si pagherà se la scuola non sarà in attività e non funzionerà regolarmente in ogni sua parte”.
Biffi raccomandava poi caldamente agli eredi fratelli Beretta di “continuare l’amministrazione dei miei tenimenti di Sulbiate, Tregolo ed uniti, di essere interpreti in ogni futuro tempo dei miei caritatevoli sentimenti che ho sempre avuto verso i miei coloni che tanto mi stanno a cuore”.
Oltre a lasciare 300 lire alla parrocchia di Brentana per l’allattamento di bambini figli di madri povere, altre 600 lire alla medesima parrocchia e 400 lire alla parrocchia di Costa Masnaga “per essere distribuite in perpetuo in sussidio dei poveri ammalati, non ammessi i medicinali e sanguisughe”, Biffi ordinava, infine, di versare 6000 lire al parroco Ercole Riva. La somma di 100.000 lire, oltre ad una pensione vitalizia di 5 lire al giorno, erano destinate poi alla domestica Laura Baraggia “in attestato [come sottolineava Biffi] della piena mia soddisfazione alle cordiali continue cure prestatimi ed indefessa assistenza alle frequenti sofferte mie malattie con una condotta superiore ad ogni elogio”.
In relazione al funerale, Biffi disponeva che le sue esequie fossero “decorose ma senza pompa”, che il cartello da esporre riportasse una semplice scritta, e che la salma fosse sepolta nella tomba di famiglia di Brentana. Nel giorno delle esequie si sarebbero dovuti celebrare due funerali uno a Brentana, l’altro a Costa Masnaga, con l’intervento dei suoi coloni, cui andavano corrisposte 10 lire per ogni capofamiglia. Nello stesso giorno si sarebbero dovute distribuire 1000 lire ai poveri della parrocchia di San Babila in Milano, e 400 lire a quelli di ciascuno dei due citati comuni.
Nell’aggiunta al testamento, datata 15 gennaio 1878, si stabilivano altri legati, sia pubblici che privati. Fra i primi, si lasciavano 6000 lire ciascuno all’Istituto degli Artigianelli e all’Istituto delle Canossiane di Milano. Fra i secondi, vanno menzionati, fra gli altri, quello di 25.000 lire all’esecutore testamentario, amico e consigliere Giovanni Negri, e quello 6000 lire all’amico Luigi Beretta.

(da Il tesoro dei poveri, pp. 239-240, testo di Giovanni Liva)