Luigi Beltramoli (1802 – 1879)

Luigi Beltramoli, nipote di Andrea Vergobbio, nacque a Milano il 31 agosto 1802, terzogenito – dopo Defendente e Antonio – di Giacomo Beltramoli e Caterina Vergobbio; morì, sempre a Milano, il 6 novembre 1879 di tabe senile, e fu sepolto al cimitero maggiore.

Celibe, possidente e negoziante di vino – con il fratello Antonio, nato nel 1794 – abitava a Milano in via Broletto 20, parrocchia di San Tommaso a Porta Comasina. L’esercizio di tale attività commerciale va fatto risalire al padre Giacomo ed allo zio Gaetano, mercanti di granaglie e di vino che, nel 1796, furono tra l’altro fornitori delle armate napoleoniche, pur subendo anche qualche requisizione. Luigi Beltramoli dopo aver studiato “prima nelle scuole della città, poi ne’ seminarj della Diocesi, fu avviato alle umane lettere e da queste alle discipline matematiche”, che coltivò anche in età avanzata.

Le figure di Luigi Beltramoli e di suo zio materno Andrea Vergobbio risultano strettamente intrecciate nel panorama dei benefattori milanesi della seconda metà dell’800. Infatti, Beltramoli, al momento della morte dello zio nel 1854, e dopo la precedente scomparsa dei genitori e del fratello maggiore Defendente nel 1822, risultava essere l’unico erede universale di una cospicua fortuna famigliare – lasciata appunto dallo zio Andrea Vergobbio e dal fratello Antonio Beltramoli morto nel 1853 -, che trasformò in un certo senso la sua vita. Luigi Beltramoli, lasciata un’esistenza piuttosto schiva e riservata, decise di dedicarsi ad opere di beneficenza, con l’intento di “provvedere in più ampia sfera ai bisogni e dell’individuo e del sociale consorzio […] e di studiare l’impiego più profittevole aj propri concittadini delle laute sue rendite”.

La scelta di Luigi Beltramoli, peraltro, si inseriva con continuità in alcune decisioni del fratello Antonio che, nel suo testamento rogato l’8 marzo 1850 dal notaio Gabrio Sormani, aveva stabilito di lasciare due legati, ciascuno di 20.000 lire, ai Luoghi Pii Elemosinieri ed uniti di Milano e all’Istituto Pia Missione, ed altri due, di 10.000 lire ognuno, all’Istituto per i Discoli detto della Pace ed al Patronato per i liberati dal Carcere. Antonio Beltramoli, con una scelta di schiva sobrietà che ritroveremo anche nelle volontà testamentarie del fratello Luigi, proibiva “rigorosamente ai quattro sunnominati istituti di esporre uno scritto od un segno qualunque che ricord[asse] il legato da [lui] disposto, [precisando] che tale proibizione [dovesse] ritenersi come condizione essenziale dello stesso legato”.

Nel 1854, l’anno successivo alla morte di Antonio, Luigi Beltramoli eseguiva le volontà del fratello e versava ai Luoghi Pii Elemosinieri ed uniti di Milano la somma di 16.242 lire a saldo delle 20.000 lire disposte da Antonio nel testamento. Poi, nella donazione 19 aprile 1856, rogata dal notaio Gabrio Sormani, decisa spontaneamente interpretando la volontà dello zio Andrea Vergobbio, Beltramoli stabiliva di donare altre 15.000 lire ai Luoghi Pii Elemosinieri ed uniti di Milano in rappresentanza dei poveri, “pur con obbligo ad essi Luoghi Pii di corrispondere l’annua prestazione perpetua di lire austriache 375 al preposto parroco di S. Tommaso in terra mala di Milano, affinché siano dal medesimo a suo arbitrio distribuite ai poveri di quella parrocchia con costante preferenza agli ammalati ed alle madri che allattano i propri figli”. Va ricordato che le trattative per adempiere a tale donazione furono condotte con Pietro Stezzoli amministratore dei Luoghi Pii Elemosinieri ed uniti di Milano. In seguito, Luigi Beltramoli incominciò a finanziare l’Ospedale Maggiore – con la donazione di una casa in via dell’Annunciata – per la costruzione di una sala per gli oftalmici; finanziò il Patronato per gli ex carcerati, e attribuì una rendita perpetua alle parrocchie di San Tommaso in terra mala di Milano e di Castelmarte presso Erba, dove la famiglia possedeva dei beni. Si può affermare che, negli anni successivi, nessun pubblico istituto di beneficenza di Milano, che ricoverasse persone traviate o colpite da minorazioni, fu trascurato da Beltramoli. Ed inoltre va ricordato che “nessuna necessità privata ed intima, che giungesse a notizia di lui, fu da lui lasciata senza adeguato soccorso”.

Le rilevanti opere di beneficenza attuate in vita ebbero in un certo senso una continuità anche post mortem. Infatti, nel suo testamento 9 agosto 1879 rogato dal notaio Giovanni Moneta, egli nominava un erede universale, ma disponeva al contempo anche numerosi legati di beneficenza. Al momento della morte la somma totale dei suoi beni, risultante dalla denuncia di successione, ammontava a 406.293,03 lire, compresa la casa di abitazione di via Broletto 20-21 del valore di 204.988 lire. Beltramoli nominava erede universale il cugino Giuseppe Carones – possidente e negoziante nato a Cànnero sul Lago Maggiore, figlio di Luigi e della cugina Teresa Minoli – abitante nella stessa casa, “in benemerenza dell’affetto e delle amorevoli premure che ebbe sempre a dimostrarmi nella lunga convivenza tenuta meco, e di cui ebbi sempre e in ogni caso a compiacermi”. Legava poi alla “Congregazione di Carità di Milano la casa in via Broletto n. 20 segnata prima d’ora col n. 1743 alla quale è compresa l’altra contigua al già n. 1742 [n. 21]”, immobili che egli aveva ereditato dalla zio materno Andrea Vergobbio. Imponeva però alla stessa Congregazione di Carità di versare ad alcuni istituti milanesi le seguenti somme: all’Istituto dei Ciechi 15.000 lire, al Riformatorio della gioventù annesso al Patronato dei Liberati del Carcere 15.000 lire, all’Istituto delle Figlie discole di Nazaret 15.000 lire, all’Istituto dei Sordo-Muti poveri di campagna 10.000 lire e all’Istituto dei Bagni Marini per gli Scrofolosi 6000 lire. La medesima Congregazione avrebbe inoltre dovuto pagare ai portinai della casa di via Broletto Angelo Cavalleri e Antonia Jacopini, sempre che fossero ancora al suo servizio all’epoca della morte, la somma mensile di L. 30 vita natural durante, nonché il legato anch’esso vitalizio già disposto dallo zio Vergobbio a favore della sua servente Maria Gattoni nella somma di 50 lire al mese. La Congregazione di Carità sarebbe stata obbligata a rispettare il contratto di locazione, per la somma annuale di 1000 lire, per l’appartamento al secondo piano di via Broletto che Beltramoli aveva stipulato con Giuseppe Carones, con atto 28 maggio 1877 del notaio Moneta, da intendersi prorogato per tre anni consecutivi a partire dal san Michele successivo alla morte del Beltramoli. Oltre ad alcuni altri legati che Giuseppe Carones avrebbe dovuto eseguire a favore dei suoi fratelli Giovanni, Baldassarre e Marianna, Beltramoli disponeva di lasciare alla Fabbriceria della chiesa di San Tommaso in Milano 3000 lire, da impiegarsi in parte anche per alcune messe da celebrarsi in ricordo suo e dei defunti della famiglia. I legati stabiliti da Beltramoli furono sollecitamente adempiuti dall’erede Giuseppe Carones. Quanto al funerale – avvenuto l’8 settembre 1879 partendo dalla casa di abitazione verso la chiesa di San Tommaso e quindi al Cimitero Monumentale – Beltramoli, pur rimettendosi all’affetto e pietà del suo erede, stabiliva che fosse proibita “ogni pompa esteriore nel trasporto del cadavere raccoman[dan]do il decoro appena conveniente alla funzione religiosa”. In seguito, nel 1880, le due case di via Broletto 20 e 21 – già di proprietà del marchese Cristoforo Colombo, e poi acquistate, nel 1793, da Defendente Vergobbio padre di Andrea -, dove esistevano tre magnifici soffitti intagliati di larice, furono vendute dalla Congregazione di Carità a Giuseppe Carones per la somma di L. 214.000.

È comunque dal citato testamento del 1879 che si evince l’accennato stretto legame nel panorama dei benefattori milanesi tra lo zio Andrea Vergobbio e il nipote Luigi Beltramoli. Infatti, nell’atto notarile Beltramoli precisava che, poiché tanto il lascito della casa quanto i legati erano stati finanziati con le sostanze dello zio, queste donazioni avrebbero sempre dovuto figurare sotto il nome di Andrea Vergobbio o Eredità Vergobbio “con espressa proibizione che si faccia mai alcuna menzione onorifica in mio nome”. Pertanto, nel marzo 1880, la Congregazione di Carità, in esecuzione di tale volontà, stabilì che il busto in marmo commissionato allo scultore Donato Barcaglia rappresentasse Andrea Vergobbio e che “sulle tavole commemorative si [avesse] ad associare il nome di Vergobbio a quello di Luigi Beltramoli”.

Va, infine, ricordato che Beltramoli fu per pochi anni proprietario dell’attuale villa Sagramoso a Ispra, acquistata da Antonietta Castelbarco Litta.

(da Il tesoro dei poveri, pp. 237-238, testo di Giovanni Liva)