Luigi Greco (1834 – 1882)

Camillo Rapetti, Ritratto di Luigi Greco, 1889

Figlio di Carlo e Giuseppa Guadagnini, Luigi Greco nacque a Milano nel 1834. Di professione agente di studio, morì celibe nel suo appartamento in Corso Venezia n. 13 il 21 settembre 1882 a 48 anni.
Come sottolineò “Il Secolo” ricordando la sua scomparsa, “col frutto dei pochi risparmi accumulati anno per anno sul suo stipendio di modesto impiegato di una ditta della nostra città [la ditta Bozzotti]”, Luigi Greco “mise insieme un bel patrimonietto”, che lasciò, insieme al valore “della poca mobiglia” del suo appartamento alla Congregazione di Carità di Milano con testamento olografo del 3 dicembre 1880 in atti del notaio Ercole Tagliasacchi.
Legò dunque alla Congregazione di Carità in Milano per una volta tanto 2.500 lire di rendita italiana al 5%, ma esplicitamente non volle che il suo legato venisse fuso nella sostanza o nell’amministrazione ordinaria della Congregazione di Carità, bensì dispose che fosse iscritto sotto un capitolo speciale con l’intestazione “Legato Luigi Greco fu Carlo” e dunque separatamente amministrato. Il reddito del legato doveva essere distribuito sotto forma di pensione vitalizia annua di 180 lire ad operai ed operaie che per malattia cronica o per vecchiaia fossero “impotenti al lavoro”. Naturalmente la distribuzione era vincolata ai “buoni precedenti”, all’età più avanzata, all’incapacità di procurarsi guadagno ed allo stato di famiglia; inoltre non dovevano restare esclusi coloro che già fruissero di altri assegni di Società di mutuo soccorso o altri Istituti di beneficenza purché non in misura superiore ad una lira al giorno.
Quanto rimaneva delle sue sostanze – circa 10.000 lire – fu infine lasciata al suo parente più prossimo, il cugino Giovan Battista Bozzotti, nominato suo erede universale.
Il successivo 29 settembre la Congregazione di Carità accettò il legato ed il 28 dicembre 1883 approvò lo statuto organico dell’”Opera pia Legato Luigi Greco fu Carlo”, che fu eretta in Corpo Morale con decreto reale 6 maggio 1886. Secondo i termini definiti nello statuto e nel regolamento – approvato dalla Deputazione provinciale il 12 agosto 1887 – l’assegnazione delle pensioni doveva essere decisa dalla Congregazione di Carità attraverso un concorso pubblico a cui, rispettando la volontà del testatore, potevano concorrere solo operai ed operaie che fossero residenti a Milano per nascita o domiciliati in città da almeno un decennio. Inoltre la Congregazione si riservava il controllo sugli operai e sulle operaie beneficiate, anche attraverso le visite a domicilio per accertarsi sulle loro condizioni di famiglia e di moralità e il diritto, nonostante le pensioni fossero vitalizie, di far cessare il riconoscimento in qualsiasi momento, “qualora venissero a mancare i titoli in base ai quali furono assegnate”: era quindi ritenuta necessaria “una continua vigilanza sulle persone”.
Le pensioni furono erogate a partire dal 1888, anno in cui, tuttavia, a causa dell’onere dell’usufrutto vitalizio, che assorbiva più di un terzo della rendita, furono distribuiti solo otto assegni, quattro nel circondario interno e quattro in quello esterno.

(da Il tesoro dei poveri, pp. 244-245, testo di Antonio Maria Orecchia)