Marianna Carones Ravizza (1823 – 1889)

Amero Cagnoni, Ritratto di Marianna Carones Ravizza, 1891

Marianna (Maria Anna) Carones, nata il 13 luglio 1823 a Milano e morta il 5 agosto 1889 nella sua casa in corso San Celso 6, aveva sposato Mansueto Ravizza, morto il 22 gennaio 1883, dal quale aveva avuto una figlia morta prematuramente. La benefattrice era l’ottava di dieci figli di Gian Domenico Carones (omonimo dell’ingegner Gian Domenico Carones, nipote di Marianna, che lavorò per pochi anni nell’Ufficio Tecnico della Congragazione di Carità e ne divenne in seguito consigliere dall’aprile 1886 al gennaio 1891): Giuseppina maritata Omboni, Caterina maritata Frova (madre di Angela Frova, a sua volta benefattrice della Congregazione), Vittoria, Giuseppe, Carolina, Teresa maritata Panighetti, Pietro, Marianna, Rosa, Luigia maritata Cavalleri.
Dalla denuncia di successione sottoscritta dall’erede ingegnere cavaliere Valentino Ravizza (figlio del cognato Angelo Ravizza) e dal testamento olografo datato 12 marzo 1888 e pubblicato in data 7 agosto 1889 dal notaio Leopoldo Cuttica emerge la composizione del patrimonio della benefattrice, costituito per un terzo da un immobile in via Disciplini e per metà da azioni, mutui e rendite, per un totale di lire 1.355.117. Nello specifico l’eredità consisteva in una casa di abitazione civile a Milano situata nell’isolato tra Via Disciplini 1 e corso San Celso 6 e 8 (attuale corso Italia), costituita da 352 vani distribuiti in sei piani compreso il sotterraneo, per un valore complessivo di lire 500.000; vari mutui ipotecari a carico della signora Rosa Carones vedova del dottor Andrea Ravizza e dei coniugi Luigi Bovolato e Rosa Re; azioni commerciali e rendite pubbliche; cartelle della rendita italiana al 5 %; vari titoli azionari, contanti, preziosi, mobilia e lingerie.
Nelle carte relative all’eredità è contenuta la stima del mobilio dell’appartamento della Carones in corso San Celso: nella perizia è descritta una elegante casa borghese composta da anticamera, sala, stanza dei forestieri, sala d’angolo, stanza della signora, gabinetto, stanza della cameriera, stanza ripiano, sala da pranzo, studio, stanza ripostiglio, cucina, cantina e terrazza. Vi è inoltre l’elenco dell’argenteria e dei gioielli, che testimoniano una condizione sociale di ricchezza senza eccessive concessioni al lusso (un servizio da tavola da dodici, un paio di orecchini, un anello, un bracciale, una catena, una spilla e due piccole croci con pietre preziose).
Negli atti è conservata, infine, una perizia datata 31 gennaio 1890 per la valutazione sommaria dell’immobile posto tra corso San Celso e via Disciplini e indicato sulle mappe censuarie con il numero 4.799: nella relazione si legge che i fitti richiesti per gli appartamenti erano sovrastimati dato che la luce era diminuita a causa del sopralzo dell’edificio antistante, ma soprattutto in seguito “all’installamento di una casa di tolleranza pure in via Disciplini, [motivi entrambi] di diminuzione di reddito e quindi del valore dello stabile”.
Nelle disposizioni testamentarie la Carones istituiva numerosi legati: innanzi tutto chiedeva che venisse consegnato “il busto in marmo bianco rappresentante l’effigie del sempre compianto carissimo marito al cognato consigliere Angelo Ravizza”; inoltre la testatrice lasciava varie cifre in denaro e numerosi lasciti in azioni e obbligazioni ai nipoti e pronipoti del marito Mansueto Ravizza, ai propri fratelli Giuseppe, Teresa, Carolina, Rosa e Luigia Carones, nonché ai propri nipoti e pronipoti. Incaricava inoltre l’erede Valentino Ravizza di versare lire 50.000 alla Congregazione di Carità di Milano (legato gravato dall’obbligo di pagare un vitalizio di lire 70 al mese alla cameriera), lire 10.000 alla Piccola casa del rifugio di S. Giuseppe in Milano; lire 3000 a ciascuno dei seguenti istituti di beneficenza milanesi: Società dei piccoli contributi, Pio istituto di maternità per i bambini lattanti, Asilo di S. Celso, Asili infantili suburbani, Istituto dei ciechi, Istituto per i bagni marini ai poveri scrofolosi, Pia casa di Nazaret, Istituto per i figli della provvidenza, Piccole suore di S. Vincenzo, Sordomuti poveri di campagna; lire 2000 al parroco di Sant’Eufemia da distribuire ai poveri della parrocchia nei dieci giorni successivi al decesso della testatrice; titoli alla Fabbriceria di Sant’Eufemia per la celebrazione in perpetuo di un ufficio funebre in suffragio; lire 5000 alla parrocchia di Sant’Eufemia; lire 5000 al Convitto per povere cieche e sordomute istruite in Cerro Maggiore presso Legnano; titoli e azioni al cuoco, ai portinai e al ragioniere.
Il passivo della successione vedeva quasi unicamente voci destinate ai funerali (esequie civili e religiose, necrologi e inserzioni su “Secolo”, “Corriere”, “Italia”, “Lega lombarda”, “Pungolo” e “Perseveranza”, circolari funebri, fiori, torce) e alla sepoltura nel colombario numero 16 della famiglia Ravizza presso il Cimitero Monumentale accanto alle al marito e alla figlia.

(da Il tesoro dei poveri, pp. 253-254, testo di Maria Canella)