Teresa Parola Venegoni (1832 – 1877)

Donato Barcaglia, Ritratto di Teresa Parola Venegoni, 1878

Teresa Parola, nata nel 1832 e morta a Turate (Como) l’11 luglio 1877, residente a Milano in via Morone 2, era figlia del notaio Alberto Parola e di Carolina Banko, e sorella di Clelia maritata con il dottor Carlo Ubertoni. Vedova del ragioniere Enrico Venegoni, aveva avuto due figli, Alberto e Francesca maritata con Stefano Malerba, entrambi morti prima della madre. Nelle carte della benefattrice sono conservati il contratto dotale datato 9 dicembre 1854 tra Alberto Parola padre di Teresa e il futuro marito e il testamento datato 7 gennaio 1869 di Enrico Venegoni morto nel 1872.
La denuncia di successione (che contiene copia del testamento olografo 16 novembre 1875 pubblicato dal notaio Giuseppe Sormani in data 11 luglio 1877 e del codicillo segreto 5 luglio 1877 pubblicato dal notaio Francesco Nessi in data 13 luglio 1877) venne presentata dall’esecutore testamentario dottor Luigi Pianzola e dalla Congregazione di Carità in qualità di erede universale. L’eredità ammontava ad un totale di lire 149.424 e comprendeva 1.040 pertiche nei comuni di Turate, Gerenzano e Sella Nova; metà di una casa indivisa con la sorella Clelia in via Ratti 6 a Porta Comasina nella parrocchia di San Michele al Gallo; crediti, censi e rendite in capitale; interessi decorsi ed annualità arretrate; azioni commerciali; mobilio e contanti.
Nel testamento la benefattrice chiedeva di essere seppellita a Turate e che i suoi funerali fossero “modestissimi senza pompa di sorta”, lasciando 500 lire “al curato per un ufficio funebre e messe da morto”; disponeva inoltre che la Congregazione di Carità dovesse adempiere ai seguenti legati: alla “amatissima” madre Carolina Banko un anello di brillante e smeraldo, oltre a posate in argento e altri gioielli (anelli, catenelle e un “orologio saponetta in oro e smalto nero”); 500 lire a ciascuno dei seguenti istituti di beneficenza milanesi: Istituto dei sordomuti poveri di campagna, Istituto dei ciechi, Istituto oftalmico, Orfanotrofio maschile, Orfanotrofio femminile, Asili di carità per l’infanzia e la puerizia del circondario interno, Ricovero per i bambini lattanti e Pio istituto di maternità, Comitato promotore per la cura balnearia marina per gli scrofolosi poveri di Milano, Pio istituto dei rachitici, Stabilimento delle scuole gratuite per figlie povere, Pia casa di ricovero del Buon Pastore per le povere figlie traviate, Stabilimento delle povere figlie pericolanti, Associazione generale di mutuo soccorso per gli operai di Milano e sobborghi; inoltre legati alla Congregazione di Carità e al Comune di Turate; vitalizi ai domestici e al cocchiere; legati alla nipote Francesca Ubertoni e al genero Stefano Malerba, all’amica Amalia Foglia Banfi (oltre a parte degli effetti personali della testatrice tra cui mobili, oggetti, suppellettili, bigiotteria e indumenti della villa di Turate e dell’abitazione di Milano), a Francesco Lorini (oltre a tutti i quadri della abitazione di Milano); 100 lire ciascuna alle cinquantasei famiglie di coloni in Turate e Uboldo (è conservato l’elenco dei coloni con le firme per quietanza; trentatré di essi essendo analfabeti firmarono con le croci).
Nella documentazione è conservato un ricco inventario dei beni lasciati dalla testatrice redatto dal notaio Giuseppe Sormani nel 1877, dove sono elencati diversi beni tra i quali oggetti in oro e argento, pellicce, “stuoie”, cavalli e carrozze (una cavalla di razza, un legno a quattro ruote a due piazze, un finimento pettorale in cuoio, un legno detto brougham a due piazze con carro verniciato in blu), nonché una perizia su quadri e stampe posseduti dalla testatrice (alcuni ritratti di famiglia, diversi dipinti di Enrico Venegoni tra i quali copie di Rubens e di Giuseppe Canella, “due dipinti sul rame, uno rappresentante un ponte sulla Senna ed altro rappresentante un ponte con chiesa e due torri, ambedue dell’autore Canella”).

(da Il tesoro dei poveri, p. 232, testo di Maria Canella)