Giovanni Battista Abbiati (1623 circa – 1667)

Pittore lombardo, Ritratto di Giovanni Battista Abbiati, terzo quarto del XVII secolo

Da questo benefattore la Scuola dei Poveri Infermi in San Simpliciano ricevette un lascito davvero cospicuo. Egli infatti, con testamento del 3 aprile 1666, nominava il Luogo Pio erede universale con l’obbligo d’impiegare le sue sostanze per ricavarne un reddito permanente, di cui una metà doveva andare alla vedova, Camilla Moneta, e dopo la di lei morte in un legato perpetuo di messe nella stessa chiesa, e l’altra metà in annue elemosine: di lire 3 a testa per i poveri della parrocchia “postquam fuerint in Ven. Hospitali Maiori Mediolani pro eorum infirmitatibus et ad domum suam redierint […] ad effectum ut possint succurrere eorum convalescentie” e, in secondo luogo, di lire 100 a testa per dotare ragazze di buona fama, sempre entro i confini parrocchiali. Nel 1687, assolti i legati, il capitale netto dell’eredità ammontava a lire 48.599, e comprendeva anche cinque case nel rione di Porta Comasina, nelle vicinanze dunque di San Simpliciano: di queste, una – posta in parrocchia di San Pietro in Caminadella, prospiciente la piazza del Castello – era stata di proprietà dell’Abbiati, le altre invece per le date riferite sembrerebbero tutte acquisti operati in anni recenti dal Luogo Pio.

A partire dall’età di morte indicata nel ritratto, la sua nascita deve collocarsi tra il febbraio 1623 e il gennaio 1624; il padre aveva nome Giorgio. Stanti le sue disposizioni testamentarie, con il riferimento costante a San Simpliciano e la richiesta di esservi sepolto, sembra probabile che egli fosse nato in questa parrocchia.

Nulla si è rinvenuto di questo personaggio prima del 1657, allorché, in data 1° giugno, pattuì con il paratico degli stracciai e ferrivecchi, dietro pagamento di 300 lire, di poter esercitare in proprio tale mestiere. Certo bisogna pensare ad un’attività basata sul riciclaggio degli stracci anche in rapporto con la fabbricazione della carta, e quindi discretamente lucrativa, come del resto testimoniano l’entità stessa del suo lascito e la quantità di preti e confratelli con grossi ceri prevista nel funerale. Poco più tardi, in un atto del 1662, il nostro risulta abitare nella centralissima parrocchia di San Protaso ad Monachos, a conferma di un’avvenuta promozione sociale: si tratta di un primo testamento, dove tuttavia la mercanzia e gli utensili di bottega erano destinati come il resto all’erede, che la volontà del testatore – “non indirizzata ad altro che all’honore del SS.mo et al servitio de’ Poveri” – già identificava nel luogo pio sansimplicianese.

Di fatto, il nuovo testamento del 1666 appare motivato da una riconsiderazione sul futuro dell’attività: qui, ad aiutare e forse anche a sostituire il titolare nella gestione più spicciola (come imponevano le convenzioni sociali di allora), vi era ora un servitore, Carlo Novina; ed a lui, come incentivo a continuare il negozio, l’Abbiati lasciava, per 12 anni dopo la sua morte, un capitale di 6.000 lire di merce senza pagamento di interessi per i primi due anni. Casa e probabilmente anche negozio in San Protaso non impedirono, tuttavia, che l’eredità andasse alla parrocchia d’origine: al riguardo, appare decisivo il ruolo di trait d’union svolto dalla Scuola del SS. Sacramento di San Simpliciano, di cui l’Abbiati era membro e nel cui tumulo volle essere sepolto. Il decesso sopravvenne il 31 gennaio 1667, in seguito a malattia – tisi? – manifestatasi con “febre ac sanguinis fluxu”.

Il luogo pio continuò nell’amministrazione dell’eredità Abbiati fino alla sua soppressione, registrando ogni cosa separatamente dagli altri lasciti, come da espressa volontà del testatore. L’ampio capitale fu via via impiegato nella compravendita di immobili poi dati in affitto, tra cui, nel 1690, anche una casa con forno posta all’inizio di Contrada del Guasto (oggi Via Anfiteatro 4).

(da Il tesoro dei poveri, p. 135, testo di Piero Rizzi Bianchi)