Nei decenni successivi all’Unità, il professionismo architettonico milanese, formatosi alla scuola di Camillo Boito, venne chiamato a rispondere alla crescita di una città in rapida trasformazione; la borghesia settentrionale, infatti, esaurita la spinta nazionale e moderatamente progressista delle guerre d’indipendenza, si concentrò nella creazione di un capitalismo industriale e finanziario, che impose a Milano una rigida maglia edilizia a livello urbanistico e architettonico, sia sul centro che sulle periferie. Tuttavia, nelle scuciture di questa trama, gli stessi imprenditori cercarono di risarcire l’utenza popolare e operaia con interventi di edilizia assistenziale, in quello stile “neolombardo” o “neoromanico” (con mattoni a vista a bande orizzontali e decorazioni in cotto) sul quale si era espresso con favore Carlo Cattaneo dalle pagine del “Politecnico”.
In questo ampio programma di interventi, che si articolava in scuole primarie e professionali, istituzioni benefiche e assistenziali, complessi industriali e abitazioni operaie, rientrano gli Asili Notturni Lorenzo e Teresa Sonzogno realizzati nel 1884 in via Sottocorno 26-28 (attualmente 46-48) da Luigi Mazzocchi, la cui figura professionale appare, in tal senso, emblematica: nato nel 1844 e morto nel 1925, ingegnere civile laureato al Politecnico nel 1866, tra le molte opere realizzò a Milano il quartiere operaio di Porta Vittoria tra via Sottocorno e via Marcona (1884); le case popolari della Società edificatrice di case operaie in via Campo Lodigiano (1884); il cimitero di Musocco (1886-95); il salone della Camera del lavoro in via Crocefisso 15-17 (1894); il Ricovero notturno Levi in via Cesare Balbo 23 (1902-1905); il Pio albergo Trivulzio (1906-10); la sede della società Gondrand in via Pontaccio 21 (1908-10) e le case per ferrovieri in piazzale Lodi (1911).
Gli Asili Notturno Sonzogno furono, dunque, tra le prime realizzazioni di Mazzocchi (che non volle ricompensa per la sua opera): si trattava di due edifici, costruiti sul fronte di “una via soleggiata, allegra per verdura abbondante”, uno per gli uomini e uno per le donne, costruiti con una pianta a T su due aree di 600 mq. (dei quali 525 mq. coperti), con due piani fuori terra nel corpo d’ingresso, un solo piano nel corpo allungato e un piano sotterraneo; il disegno era molto semplice, basato su un rivestimento in pietra al piano terra e intonaco rosa al piano superiore, una copertura a falde e un fregio con il nome dell’istituzione sulla facciata.
Ogni edificio comprendeva, al piano terreno, un vestibolo, una sala d’aspetto (che serviva da refettorio, sala di lettura e “scaldatoio”), un archivio, una sala di disinfezione, un piccolo bagno, il grande dormitorio con 60 letti, due locali con latrine, lavabi e docce e due cortili laterali, mentre al primo piano, un’anticamera, una piccola camera a quattro letti, un’infermeria a tre letti, due camere per il direttore o la direttrice, un guardaroba e un locale con latrina e lavabo. Dai locali della direzione posti al primo piano era possibile il controllo sui dormitori, i quali essendo esposti ad est e ovest, erano luminosi e arieggiati. I letti erano in metallo, con rete elastica, materasso e coperte in lana e accanto era collocato una cassettone contenente un paio di zoccoli. Per il cibo si provvedeva ordinando i pasti alle Cucine economiche collegate dalla linea tranviaria sulla circonvallazione.
Nel 1899 venne realizzato, sull’area di 360 mq. situata fra i due edifici, lo stabilimento docce, funzionante per gli asili ma anche come servizio pubblico, costituito da un piano rialzato coperto a terrazza (usato come stenditoio nella buona stagione) e da un piano sotterraneo dove erano collocate le caldaie per il riscaldamento generale e dell’acqua. Tra il 1925 e il 1930 i due edifici vennero ristrutturati per aumentare il numero dei letti disponibili.
Della cerimonia di inaugurazione degli asili, nel novembre 1884, tra i molti discorsi pronunciati vanno ricordate le parole di Gaetano Pini, che vedeva nell’istituzione benefica dei due asili, intitolati ai genitori di Edoardo Sonzogno, dei veri e propri monumenti civili, “i nuovi templi della religione del cuore, dedicati al culto delle umane sventure”.
(da Il tesoro dei poveri, p. 360, testo di Maria Canella)