Nostra Signora di Loreto presso San Fedele (1601 – 1801)

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La Congregazione di Nostra Signora di Loreto venne istituita ufficialmente l’8 dicembre 1601 per iniziativa del padre predicatore spagnolo Martín de Funes, all’epoca attivo presso la Compagnia di Gesù in San Fedele di Milano come direttore spirituale della Confraternita dell’Immacolata Concezione che, fondata nel 1584, si occupava di soccorrere i cosiddetti “poveri vergognosi”. La nuova congregazione ne riprendeva le finalità assistenziali e venne posta “sotto la protezione della Beata Vergine di Loreto in memoria del gran mistero della Annunciazione nella Santa Casa” e in virtù della devozione lauretana propagandata dai gesuiti nonché del legame diretto dello stesso Martín de Funes con la cittadina marchigiana dove era stato ordinato sacerdote nel 1587.
Sebbene la finalità precipua della congregazione fosse quella di assistere segretamente individui “che pe’ loro natali e per le loro situazioni e qualità tuttoché posti in grande necessità … si vergognano di mendicare per la città per non essere pubblicamente conosciuti”, il soccorso venne esteso ad altre categorie di bisognosi, come artigiani, carcerati, prostitute, poveri ricoverati all’Ospedale Maggiore.
Gli aiuti venivano normalmente corrisposti mediante l’erogazione di “mensuali elemosine” in denaro e in natura. A questo scopo la scuola sceglieva fra i propri iscritti ventiquattro “visitatori” incaricati di individuare i poveri vergognosi nell’ambito delle rispettive parrocchie di appartenenza, di raccogliere le relative fedi di povertà presso i parroci e comunicare le loro necessità alla congregazione, “senza però propalare i nomi”. Al prefetto e ai consiglieri spettava invece stabilire l’entità del sussidio e incaricare il segretario di rilasciare “le bollette o li mandati direttivi al tesoriero, il quale prontamente li paga”. Lo stato di necessità degli assistiti era sottoposto a verifica periodica, in considerazione del fatto che, “trovando esser cessato il loro bisogno … si distribuisca quell’elemosina ad altri poveri”.
La struttura organizzativa della congregazione era assai articolata, comprendendo una quarantina di ufficiali con mandato annuale, eletti “il secondo dì della Pentecoste”: un prefetto, quattro consiglieri, due sindaci, un tesoriere, un segretario, un provveditore, ventiquattro visitatori (quattro per ognuna delle sei porte principali della città), due maestri dei novizi, due infermieri e infine due sacrestani.
La congregazione riuscì ad accumulare un rilevante patrimonio in beni mobili ed immobili, proveniente in larga misura da donazioni e lasciti testamentari disposti da munifici benefattori, che alla data del 1767 ammontava ad un valore di oltre 3.500.000 lire imperiali.
Il progressivo aumento delle risorse e dei possedimenti di ragione del consorzio aveva originato tensioni nei rapporti con la comunità ignaziana, già a pochi anni dall’istituzione del sodalizio. Le costituzioni dei Gesuiti imponevano infatti l’obbligo della povertà e le loro confraternite non potevano adire beni ed eredità, una condizione in netto contrasto con le disponibilità patrimoniali della Congregazione della Beata Vergine di Loreto, tanto strettamente vincolata alla casa di San Fedele. Pertanto, quando il pontefice Clemente VII dispose la sottomissione delle confraternite laicali e dei loro beni all’autorità dei vescovi (bolla 7 dicembre 1604), i Gesuiti, temendo di perdere la propria autonomia nei confronti dell’autorità arcivescovile, indussero la congregazione di Loreto a trasferire la propria sede. Questa venne allora spostata in uno stabile antistante la chiesa di San Fedele, comprato con i denari donati da Francesco Dannaja, collaboratore del governatore di Milano, Pedro Enriquez de Açevedo conte di Fuentes. I confratelli continuarono però ad avvalersi dell’assistenza spirituale dei padri gesuiti, senza cessare di resistere ai tentativi d’ingerenza della curia arcivescovile in nome del suo carattere laico “non soggetto all’Ordinario in cosa alcuna”.
Nel 1685 Carlo II estese alla congregazione i privilegi accordati agli altri luoghi pii, come quello importantissimo di poter agire come giudici ordinari contro i debitori morosi. Nuove prerogative si aggiunsero nei decenni successivi: esenzione dalla tassa dei “sussidi ecclesiastici” (1696), facoltà di adire eredità con beneficio d’inventario (1715), esonero dall’aggravio del “segno delle case”.
Dopo il 1723, la congregazione aveva intanto trasferito nuovamente la sede, fissandola in un altro fabbricato in parrocchia di Santo Stefano in Nosiggia, con la facciata orientata verso la piazza di San Fedele.
Il Luogo pio di Loreto sopravvisse, insieme alle Quattro Marie, alla Misericordia, alla Carità in Porta Nuova e alla Divinità, all’ondata di soppressioni previste dalle riforme giuseppine e nel 1785 gli vennero aggregati tre enti minori: Ricchi e Vecchi in San Giovanni sul Muro, Pagnottella e Umiltà. Dovette tuttavia lasciare la propria casa di residenza in Porta Nuova e trasferirsi nella sede comune in contrada dei Tre Monasteri.

(da Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano)

Bibliografia:

  • Cenni storici sull’origine e la fondazione dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano amministrati dalla Congregazione di Carità [a cura di Carlo Stefano Branca e Arturo Faconti], Milano, Tipografia Pietro Agnelli, 1880, pp. 53-62
  • Romolo Pavan Colonna – Giacomo C. Bascapè, Il culto lauretano a Milano ed il luogo pio elemosiniero di S.M. di Loreto, a S. Fedele, Milano, Brugnatelli, 1934
  • Antonio Noto, Statuti dei luoghi pii elemosinieri amministrati dall’Ente Comunale di Assistenza di Milano, Milano, E.C.A., 1948, pp. 129-157
  • Guglielmo Beretta, La Madonna di Loreto in Milano e il suo “Borgo”, in «Memorie Storiche della Diocesi di Milano», a. VI (1959), p. 283-304
  • Bruno Viviano, Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), in Antonio Noto e Bruno Viviano, Visconti e Sforza fra le colonne del palazzo Archinto. Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), Milano, Giuffrè, 1980, pp. 310-314
  • Il tesoro dei poveri. Il patrimonio artistico delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (ex Eca) di Milano, a cura di Marco Bascapè, Paolo M. Galimberti e Sergio Rebora, Milano – Cinisello Balsamo, Amministrazione delle II.PP.A.B. – Silvana Editoriale, 2001, pp. 139-143 (scheda di Flavio Rurale)
  • Milano. Radici e luoghi della carità, a cura di Lucia Aiello, Marco Bascapè e Sergio Rebora, Torino, Allemandi, 2008, pp. 154-156 (scheda di Maria Cristina Brunati)
  • Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano, a cura di Lucia Aiello e Marco Bascapè, Como, NodoLibri, 2012, pp. 181-186