Carità dei Vivi e dei Morti in San Nazaro (1569 – 1784)

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Secondo quanto venne annotato nel 1602 nel Liber congregationis parochie Sancti Nazari, la compagnia della Carità nella chiesa di San Nazaro in Brolo era stata eretta dal cardinale Carlo Borromeo il 17 aprile 1569. La sua struttura doveva dunque conformarsi a quella delle altre confraternite della Carità, istituite in numerose parrocchie della diocesi per volontà dell’arcivescovo di Milano a partire dal 1566: l’amministrazione era affidata a un capitolo composto da diciotto officiali o deputati, presieduto da un priore, affiancato da un vice priore. Al funzionamento del sodalizio partecipavano inoltre un tesoriere, un cancelliere, quattro “visitatori”, cui spettava il compito di visitare i bisognosi e raccogliere informazioni sulle loro condizioni, due officiali “elemosinieri”, addetti alla questua delle elemosine, e due confratelli “autorevoli e intelligenti”, incaricati di dirimere eventuali controversie insorte fra i parrocchiani.
La compagnia della Carità in San Nazaro aveva finalità elemosiniere che prevedevano l’assistenza di “Infermi, Poveri vergognosi, vedove, Pupilli e Figlie da marito”, cui cercava di garantire sussidi sotto forma di “somministrazioni di vitto, medicine, doti ed altri caritatevoli soccorsi a norma delle circostanze”.
A partire dagli anni Trenta del Seicento, accanto all’attività caritativa, si manifestò una crescente attenzione dei confratelli verso le pratiche devozionali in suffragio dei defunti, che può essere ricollegata agli esiti della terribile epidemia pestilenziale del 1630. A quell’epoca risale infatti la fondazione da parte dei deputati della compagnia della Carità di un nuovo “Consorzio col titolo Carità de Morti, nel quale furono arrolate molte persone mediante il pagamento di una tenuissima ricognizione annua, in compenso della quale era obbligato il L[uogo] P[io] di far celebrare a di lui spese alcune Messe e suffragi in morte di ciascuno de’ confratelli, e ne fu pure da medesimi Deputati amministrata la Cassa … anzi confusa con quella del L.P. facendo vicendevolmente supplire l’una alle spese dell’altra”.
La Carità dei Vivi e la Carità dei Morti, pur essendo nate in momenti diversi, con scopi distinti e contabilità separate, vennero presto assimilate, in ragione del fatto di essere gestite dal medesimo organo di controllo e considerate alla stregua di una sola istituzione da parte delle autorità, come conferma, già nel 1633, il breve d’indulgenze concesso da papa Urbano VIII “alla confraternita sotto il titolo della Carità, tanto de vivi come de morti”.
L’attività elemosiniera, alimentata inizialmente dalle sole raccolte di oblazioni occasionali, fu significativamente incrementata da cospicui lasciti a cominciare dagli anni trenta del XVII secolo. Proprio nel 1630, Scipione Martini nominava la scuola sua erede universale, vincolandola a impiegare i redditi del suo patrimonio nell’annuale erogazione di dodici doti da sessanta lire ciascuna a favore di fanciulle nubili e una somma non inferiore a seicento lire in tante elemosine da venti lire ciascuna ai poveri della parrocchia.
Per lungo tempo l’ente non ebbe una propria sede e i deputati si radunavano in una sala posta nella casa prepositurale nella canonica di San Nazaro. Solo nel 1717 l’ente trovò stabile residenza in una casa in Contrada Larga, pervenuta per lascito dell’orefice Carlo Migliavacca, il quale con testamento del 10 luglio 1637 aveva nominato la compagnia erede sostituto in caso di estinzione della sua discendenza, disponendo in tal caso anche l’erogazione annuale di dodici doti e sussidi in favore di poveri parrocchiani infermi. Nel 1773 la sede venne nuovamente spostata e stabilita in un altro fabbricato di proprietà dell’ente ubicato nella contrada degli Osti, in Porta Romana, all’interno del quale vennero riservate due stanze all’archivio, un locale alle riunioni amministrative e un “sito” per il magazzino.
Al principio del XVIII secolo, grazie ai lasciti e alle donazioni ricevute, la compagnia della Carità in San Nazaro risultava proprietaria di locali ad uso abitazione e ad uso bottega in città e di terreni nei Corpi Santi, dai quali ricavava larga parte dei proventi necessari a perseguire gli scopi istituzionali; mentre i capitali disponibili venivano di norma investiti sui banchi cittadini o nella concessione di prestiti a terzi.
Il 20 agosto 1738, aderendo ad una supplica inoltrata dalle donne e dagli uomini iscritti alla scuola, l’arcivescovo Carlo Gaetano Stampa confermava l’erezione della compagnia sotto il titolo della Carità dei Vivi e dei Morti.
Nel 1784, nell’ambito della riforma giuseppina, la Compagnia “della Carità dei Vivi e dei Morti” fu aggregata al Luogo pio della Divinità.

(da Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano)

Bibliografia:

  • Bruno Viviano, Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), in Antonio Noto e Bruno Viviano, Visconti e Sforza fra le colonne del palazzo Archinto. Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), Milano, Giuffrè, 1980, pp. 314-316
  • Milano. Radici e luoghi della carità, a cura di Lucia Aiello, Marco Bascapè e Sergio Rebora, Torino, Allemandi, 2008, pp. 88-90 (scheda di Maria Cristina Brunati)
  • Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano, a cura di Lucia Aiello e Marco Bascapè, Como, NodoLibri, 2012, pp. 144-146