San Giuseppe (1503 circa – 1784)

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La nascita del Luogo pio di San Giuseppe risale ai primissimi anni del XVI secolo e alla predicazione del frate minore Francesco da San Colombano, come lascia intendere l’istrumento stipulato da Giovanni Antonio Martignoni il 27 febbraio 1503 per l’acquisto di un oratorio con annessa una piccola abitazione nella contrada de Undegardis (attuale via Andegari). L’acquisto venne effettuato per conto della scuola di San Giuseppe, che necessitava di una sede per consentire ai confratelli di radunarsi a recitare preghiere collettive e per esercitare l’attività di soccorso ai poveri mediante l’erogazione di elemosine. Il nuovo consorzio ebbe un immediato riscontro fra i milanesi e per le sue finalità assistenziali già nel 1507 ottenne dal re di Francia Luigi XII l’estensione dei privilegi accordati ai luoghi pii, poi confermati nel 1614 da Filippo III, re di Spagna e duca di Milano e da Maria Teresa d’Austria nel 1714. Parallelamente le autorità religiose favorirono la confraternita mediante la ripetuta concessione indulgenze e privilegi spirituali.
La difficilissima congiuntura milanese dei primi decenni del Cinquecento condizionò tuttavia pesantemente l’operato della scuola, tanto che nel 1527 “per essere morta la maggior parte de li fratelli d’essa congregatione” durante l’epidemia di peste del 1524, vennero per la seconda volta modificati gli statuti.
La struttura amministrativa era incentrata su un capitolo di dodici deputati – due per ciascuna Porta cittadina – eletti con carica vitalizia, fra i quali venivano scelti annualmente un priore, un vice priore e gli altri “officiali”, che si avvicendavano nelle cariche. Fra questi erano compresi cancelliere, notaio e ragioniere, stipendiati. A seguito della visita compiuta dall’arcivescovo Carlo Borromeo nel 1568, che aveva segnalato l’angustia della chiesa, la scuola diede avvio a un programma di interventi per la sistemazione della sede amministrativa e dell’oratorio, completati nel 1594. I deputati del luogo pio avevano però progetti più ambiziosi, come testimonia un inventario del 1575 secondo il quale presso l’oratorio in contrada Andegari si sarebbe dovuta costruire la nuova chiesa. Dopo aver scartato alcuni progetti perché “non abbastanza grandiosità resultava nell’insieme della fabbrica de Sancto Giosephe”, nel 1607 gli scolari affidarono la direzione del cantiere all’architetto Francesco Maria Richini. I lavori risultavano sostanzialmente conclusi nel 1616, quando il nuovo tempio venne inaugurato con una messa solenne celebrata dall’arcivescovo Federico Borromeo, anche se la facciata venne ultimata solo nel 1630.
Per quanto concerne l’attività elemosiniera, secondo la testimonianza di Paolo Morigia nel 1599 il consorzio somministrava ogni anno ai poveri bisognosi “in tanti segni, moggia ducento e venti di pane di mistura, e alcuni anni lo fanno dispensare in tanto pane di formento, perché si governano secondo i prezzi, e la valuta della robba”. Inoltre la scuola erogava annualmente a nove monasteri di Milano uno staio di pane di frumento ciascuno e distribuiva pane ai poveri delle parrocchie di Sant’Angelo, di San Martino e dei Santi Cosma e Damiano. La somma di venti scudi era destinata ad essere suddivisa fra dieci monasteri di monache povere di Milano in occasione del Natale, mentre numerose altre elemosine in denaro e in natura venivano distribuite secondo “le stagioni e bisogni e qualità de’ tempi”, in ottemperanza alle disposizioni dei benefattori o per “pia consuetudine”. Infine una parte delle disponibilità della scuola di San Giuseppe era impiegata per aiutare “a maritare e anco a monacare fanciulle numero quarant’otto”. L’azione della scuola in soccorso degli strati più bisognosi della popolazione di Milano fu favorita da lasciti, donazioni e oblazioni occasionali, che venivano poi opportunamente investiti e messi a reddito. Fra i maggiori benefattori della confraternita si ricordano Francesco Besozzi (1593), Giambattista Ghezzi (1640), ma soprattutto Giulio Cesare Lampugnani, ricco mercante di lane pregiate, che nel 1630 nominò i deputati del luogo pio suoi eredi universali, stabilendo che il patrimonio da lui lasciato venisse amministrato separatamente (Opera pia Lampugnani).
Nella prima metà del XVIII secolo il patrimonio immobiliare del luogo pio comprendeva più di quaranta case ubicate in Milano, oltre a un nutrito numero di proprietà agricole site nelle località di Abbiategrasso, Albairate, Arcore, Bellagio, Cinisello, Como, Desio, Erba, Legnano, Lissone, Melzo, Moncucco, Motta Visconti, Muggiò, Parabiago, Pozzuolo, Sesto San Giovanni e Varedo.
Il Luogo pio di San Giuseppe venne aggregato al Luogo pio della Carità nel 1784. Nel 1878 la Congregazione di Carità, come amministratrice dei Luoghi Pii Elemosinieri, cedette la proprietà della chiesa alla Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, mantenendo però il diritto di patronato.

(da Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano)

Bibliografia:

  • Enrico Cattaneo, Il San Giuseppe del Richini, Milano, Istituto Grafico Bertieri, 1957
  • Bruno Viviano, Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), in Antonio Noto e Bruno Viviano, Visconti e Sforza fra le colonne del palazzo Archinto. Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), Milano, Giuffrè, 1980, pp. 283-286
  • Simonetta Coppa, La chiesa di San Giuseppe nella storia artistica milanese dal Cinquecento all’Ottocento, Milano, Cariplo, 1997
  • Milano. Radici e luoghi della carità, a cura di Lucia Aiello, Marco Bascapè e Sergio Rebora, Torino, Allemandi, 2008, pp. 159-161 (scheda di Paola Bianchi)
  • Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano, a cura di Lucia Aiello e Marco Bascapè, Como, NodoLibri, 2012, pp. 159-161