Scurolo in Sant’Ambrogio (1509 – 1785)

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“Nel principio del Secolo sestodecimo per le guerre mosse da Ludovico Re di Francia agli Sforzeschi … afflitta venne … questa Metropoli da gravi disagi, e molti Gentiluomini, per implorare dal Cielo l’aiuto, ricorrevano a Santo Ambrosio comune nostro Protettore, ritirandosi a porgergli le loro preghiere in questo Scurolo. Crebbe tanto la divozione e concorso, che molti de’ più benpensanti lasciavano varie limosine, perché venissero distribuite a’ bisognosi, li quali colà concorrevano in gran numero, per implorare, e ricevere il necessario sovvenimento. Fu pertanto stabilito nell’anno 1509, affine di dar ordine alle cose, di destinare alcuni a raccogliere e distribuire le accennate limosine”. Le parole di Serviliano Latuada sulle origini del luogo pio dello Scurolo di Sant’Ambrogio (il termine scurolo indica la cripta della basilica ambrosiana dove è sepolto il santo) trovano riscontro nell’introduzione agli statuti della confraternita, approvati il 13 giugno 1511 da Luigi XII, re di Francia e duca di Milano, che fissano la data di nascita del sodalizio al 18 febbraio 1509.
Il testo normativo illustra l’organizzazione della scuola, incentrata su un capitolo di ventiquattro confratelli eletti con carica vitalizia cui spettava il compito di amministrare il patrimonio. All’interno del gruppo venivano scelti annualmente il priore, cinque sindaci, il tesoriere e il cancelliere, un sacrestano “quale habia et debia tenire tutte le robbe mobile, excepto denari, che serano donate et date per elemosina così per l’altare come altamente” e “dui overo uno uschiero et portinaro”. Il priore e i sindaci godevano di ampie facoltà, definite tuttavia da precise limitazioni: era ad esempio fatto loro divieto di procedere autonomamente ad alienazioni e investiture enfiteutiche dei beni di ragione della scuola senza il consenso del capitolo. Al priore spettava tra l’altro la custodia del sigillo della scuola e di una chiave “del cepo del scurolo”, cioè della cassetta delle elemosine (un’altra chiave era affidata al tesoriere), che doveva essere aperta ogni terza domenica del mese in presenza di tutti gli ufficiali del consorzio. Durante le festività, il priore poteva anche designare, a sua discrezione, alcuni scolari da affiancare ai consueti ventiquattro, affinché prestassero assistenza “al bancho de la oblatione”, approntato per l’occasione. Secondo il dettato statutario, i beni mobili della scuola potevano essere venduti all’incanto pubblico soltanto sotto “li portici novi de la chiesa il lunedì” e, per rendere più veloci le operazioni di riscossione e di erogazione delle elemosine, venne giudicata sufficiente la presenza del priore e di due terzi degli officiali. Gli statuti si preoccupavano anche delle modalità per mantenere la concordia tra gli officiali della scuola e tra i confratelli, raccomandando la pacifica risoluzione di eventuali controversie attraverso la mediazione degli altri scolari “senza alcun pagamento ma per charità et amor fraterno”.
Nei primi anni la scuola, aperta ad uomini e donne, ebbe un carattere eminentemente devozionale, favorito dalla disponibilità della cappella posta di fronte all’altare dedicato alla sorella di sant’Ambrogio, santa Marcellina, che i confratelli avevano ottenuto in uso dai canonici di Sant’Ambrogio.  A questo spazio il luogo pio dedicò dapprincipio una speciale cura, come testimonia la commissione per l’affresco di una volta dello scurolo ad Ambrogio Bergognone (1516).
Insieme alle importanti spese fabbriceriali, che comportarono anche l’edificazione di una casa capitolare sulla piazza antistante la basilica tra il 1516 e il 1518, i libri mastri svelano una precoce attività elemosiniera, attuata mediante l’erogazione di pane, vino e vestiario, che già nel 1522 valse alla scuola la concessione dell’esenzione dai dazi per 80 moggia di pane e 50 brente di vino da parte del duca Francesco II Sforza.
Nei decenni successivi l’aspetto assistenziale venne incrementato anche in virtù di alcune importanti disposizioni fra le quali spicca quella del conte palatino Gerolamo Garbagnati: avvalendosi dei redditi ricavati dal suo ampio patrimonio, il luogo pio era tenuto a distribuire ogni giorno un moggio di pane di mistura in forme di peso non inferiore a sette once e a erogare ogni anno dodici doti da cinquanta lire l’una a fanciulle della sua discendenza, vestire, nel giorno di S. Martino, dodici poveri che avessero raggiunto i cinquant’anni d’età e inoltre a distribuire, durante la ricorrenza di Natale, riso bianco, legna e carbone.
Al contrario, le pratiche devozionali si contrassero progressivamente, tanto che già nel 1566, in occasione della sua visita, Carlo Borromeo notava la scarsa partecipazione dei deputati alle celebrazioni dei riti che si tenevano nella cappella dello scurolo e la contestuale trascuratezza del luogo sacro, poi aggravatasi al punto che nel 1722, l’arcivescovo Benedetto Erba Odescalchi ordinò il rifacimento della cripta.
L’asse patrimoniale era assai cospicuo e costituito da proprietà fondiarie nelle località di Besnate, Buccinago, Cerro al Lambro, Cinisello Balsamo, Corsico, Giussano, Linate, Locate, Magenta, Melegnano, Nerviano, Pozzuolo, Quarto Oggiaro, Quinto Romano, Sesto, Siziano e Vermezzo; alle rendite provenienti dai beni rurali si aggiungevano quelli provenienti dall’affitto delle case in città.
Il 19 febbraio 1785 il plenipotenziario Wilzeck ordinò che il Luogo pio dello Scurolo di Sant’Ambrogio venisse aggiunto all’elenco degli enti sottoposti al regio decreto del 15 luglio 1784: l’ente elemosiniero venne quindi aggregato al Luogo pio della Carità in Porta Nuova.

(da Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano)

Bibliografia:

  • Antonio Noto, Statuti dei luoghi pii elemosinieri amministrati dall’Ente Comunale di Assistenza di Milano, Milano, E.C.A., 1948, pp. 63-79
  • Bruno Viviano, Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), in Antonio Noto e Bruno Viviano, Visconti e Sforza fra le colonne del palazzo Archinto. Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), Milano, Giuffrè, 1980, pp. 265-267
  • Ivanoe Riboli – Marco Bascapè, Statuti miniati dei luoghi pii elemosinieri, Milano, Amministrazione delle II.PP.A.B., 1990, II, pp. 43-51
  • Milano. Radici e luoghi della carità, a cura di Lucia Aiello, Marco Bascapè e Sergio Rebora, Torino, Allemandi, 2008, pp. 127-129 (scheda di Paola Bianchi)
  • Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano, a cura di Lucia Aiello e Marco Bascapè, Como, NodoLibri, 2012, pp. 164-166