Crocifisso in San Marco (1521 – 1784)

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Il 28 gennaio 1521 il re di Francia Francesco I autorizzava un numero massimo di ventiquattro agiati cittadini milanesi a riunirsi per discutere “del governo della confraternita” che essi intendevano fondare intitolandola al Santissimo Crocifisso. L’iniziativa nacque forse sotto l’influenza del predicatore Agostiniano Gerolamo Visconti, attivo in quello stesso periodo nella chiesa del convento di San Marco in Porta Nuova, e si sviluppò in concomitanza con la diffusione della devozione verso un «Santissimo Crocifisso» posto nell’omonima cappella (oggi intitolata alla Pietà).
Solo tre anni più tardi Francesco II Sforza estendeva alla scuola del Santissimo Crocifisso gli stessi privilegi accordati agli altri luoghi pii milanesi (30 gennaio 1524), confermati nel 1570 dal re di Spagna Filippo II, mentre l’autorità religiosa, nella persona dell’arcivescovo Ippolito II d’Este, fin dal 1522 ne aveva disposto l’erezione canonica con l’obbligo di destinare le elemosine in doti in favore di giovani di modeste condizioni economiche.
La finalità principale del sodalizio era infatti quella di “dispensare le entrate del Loco Pio in maritare temporalmente fanciulle povere”, sostenendo anche le spese per il rito sacro che doveva svolgersi nella cappella di patronato della scuola. In accordo alle prescrizioni degli Statuti, le cerimonie si svolgevano nelle domeniche successive all’Epifania, all’Invenzione (ossia ritrovamento) della Croce, all’Assunzione della Vergine e alla festa di Tutti i Santi ed erano precedute da una grande messa cantata.
Il numero delle doti corrisposte annualmente era subordinato alle risorse disponibili, anche se venivano garantite quelle prescritte dai benefattori del luogo pio. La scelta  delle fanciulle, che dovevano godere di buona fama, avere un’età superiore ai quattordici anni, non aver prestato servizio in casa di deputati della confraternita né essere figlie di facchini, era demandata ai singoli deputati. Ognuno di essi  poteva infatti eleggere ogni anno “due figliuole overo più se più importerà l’entrata et anche sia ordinato dalla Congregatione, et sempre il priore ne potrà ellegere una di più degl’altri deputati”. I benefattori e i confratelli defunti venivano commemorati nel primo giorno feriale successivo alla celebrazione dei matrimoni.
Il luogo pio era amministrato da un capitolo di dodici deputati, laici e di età superiore ai trent’anni, e presieduto da un priore, eletto annualmente; al termine del mandato gli subentrava il vice priore. Fra i deputati era poi scelto anche un tesoriere, cui spettava la custodia del denaro e l’erogazione dei pagamenti su mandato del priore. Infine, il capitolo eleggeva un sindaco, scelto al di fuori della rosa dei deputati, cui era affidato il ruolo di notaio e cancelliere con il compito di redigere i verbali delle ordinazioni capitolari.
Le entrate del luogo pio derivavano dall’esazione di canoni d’affitto e livellari sulle proprietà immobiliari ubicate in città nelle contrade dei Fiori, della Passerella e di San Maurilio, e sui fondi agricoli in San Giuliano Milanese e al “Bettolino”, dalla riscossione di interessi sull’investimento di capitali, dalla raccolta di oblazioni occasionali, dall’offerta disposta annualmente dall’Università degli orefici e da pochi lasciti testamentari.
Nella seconda metà del XVI secolo, alla scuola pervennero due cospicue eredità disposte da Luigi Gerenzani (1569) e da Giovanni Pietro Gerenzani (1577), entrambe interamente destinate all’erogazione di assegni dotali.
Altre forme di assistenza erano assai limitate; fra queste si ricorda quella della distribuzione di quattro staia di frumento all’anno resa possibile dal legato stabilito dalla benefattrice Elisabetta Banfi nel 1574.
I deputati riservarono una cura particolare all’abbellimento della cappella del Crocifisso in San Marco, il cui fulcro era costituito dalla croce lignea posta sull’altare che fu distrutta durante la Repubblica Cisalpina. La grandiosa cappella, situata nel transetto di sinistra della chiesa, fu riccamente decorata con l’intervento di alcuni tra i principali artisti della seconda generazione barocca: Ercole Procaccini il Giovane, Stefano Doneda detto il Montalto e Antonio Busca.
Le continue spese per l’accrescimento dell’apparato iconografico e dei paramenti furono causa di difficoltà economiche, manifestatesi con particolare urgenza nel corso del XVIII secolo, e lamentate con vigore dal visitatore regio Giuseppe Dugnani nel 1770, che sottolineava l’esiguità della “rimasta sostanza”.
Nel 1784, nell’ambito della riforma giuseppina, il Luogo pio del Crocifisso fu aggregato a quello della Carità in Porta Nuova.

(da Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano)

Bibliografia:

  • Antonio Noto, Statuti dei luoghi pii elemosinieri amministrati dall’Ente Comunale di Assistenza di Milano, Milano, E.C.A., 1948, pp. 189-198
  • Bruno Viviano, Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), in Antonio Noto e Bruno Viviano, Visconti e Sforza fra le colonne del palazzo Archinto. Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), Milano, Giuffrè, 1980, pp. 2288-290
  • Licia Parvis Marino, La chiesa dal XVI secolo ai giorni nostri, in La chiesa e il convento di S. Marco a Milano, Milano, Il Vaglio Cultura Arte, 1987, pp. 31, 47-48
  • Andrea Spiriti, La vicenda della pittura barocca dalla fine della Maniera all’Arcadia, in La chiesa di San Marco in Milano, a cura di Maria Luisa Gatti Perer, Milano, Banca Popolare di Milano, 1998, pp. 189-207
  • Milano. Radici e luoghi della carità, a cura di Lucia Aiello, Marco Bascapè e Sergio Rebora, Torino, Allemandi, 2008, pp. 165-167 (scheda di Maria Cristina Brunati)
  • Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano, a cura di Lucia Aiello e Marco Bascapè, Como, NodoLibri, 2012, pp 166-168