Carità verso i Carcerati in San Fedele (1750 – 1787)

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Non a caso la Carità verso i Carcerati nacque in seno alla Casa della Compagnia di Gesù in San Fedele: fin dalla formula ignaziana del 1550, i Gesuiti erano infatti tenuti a svolgere un’attiva opera di assistenza ai detenuti. L’origine del sodalizio, sorto alla metà del Settecento, è dovuta in particolare all’impulso del padre gesuita Francesco Porro, già attivamente impegnato in questo ambito, e del laico Giuseppe Andreazzi, affiliato all’Oratorio della Penitenza in San Fedele. In particolare Francesco Porro «procurò da diversi benefattori non solo elemosine a sollievo de’ carcerati, ma ben anche che li medesimi si prestassero ad istruire gli stessi nei doveri di religione. Cresciuto il numero degli benefattori si radunarono per la prima volta nel giorno 8 marzo 1750 ed erettisi in formale corpo stabilirono le regole da osservarsi», ponendosi sotto la protezione della Beata Vergine e del gesuita Giovanni Francesco Régis (1597 – 1640), da poco canonizzato (1737). Papa Benedetto XIV concesse ampie indulgenze al sodalizio già nel 1751, mentre l’anno successivo Ignazio Visconti, Preposito Generale della Compagnia di Gesù, ne autorizzava l’aggregazione alla congregazione dell’Annunciata presso il Collegio Romano (22 febbraio 1752). Venne anche compilato un nuovo Regolamento che fissava la struttura organizzativa del sodalizio a composizione mista ecclesiastica e laica. A guida del gruppo degli ecclesiastici veniva posto un Prefetto dei sacerdoti, mentre per i laici veniva stabilita la nomina di un Direttore dei secolari. Erano inoltre contemplati due Conservatori degli ordini, un cancelliere, un tesoriere, un archivista, un ragioniere, sei deputati alle segrete (uno per ogni Porta della città), due raccoglitori delle elemosine, due deputati al guardaroba e due deputati alla “ferrata”.
Le riunioni avevano luogo inizialmente nell’oratorio sotterraneo della chiesa di San Fedele, poi  in un locale della casa dei religiosi attiguo alla stessa chiesa. Le convocazioni avvenivano per l’assemblea generale in sessione unificata e, secondo le necessità, separatatamente sia per la “congregazione degli ecclesiastici” sia per quella dei secolari.
Le regole stampate nel 1760 includevano anche l’insegnamento festivo della dottrina cristiana, la distribuzione di libri di catechismo e di rosari, l’introduzione della recita in comune delle orazioni quotidiane e la possibilità di una pratica mensile della confessione. Specifici provvedimenti erano intesi ad alleviare il disagio materiale dei carcerati, mediante la somministrazione di razioni di minestra, pagliericci, coperte, cappotti, camicie, calzature, la pulitura e imbiancatura delle celle, l’assistenza agli ammalati e alle vittime dei contagi, la distribuzione di elemosine straordinarie. L’attività del sodalizio era mantenuta mediante le offerte dei congregati, le elargizioni dei benefattori e le questue promosse in ambito urbano ed extra urbano. Fra i principali benefattori del consorzio si ricordano: Paolo Gariboldi (testamento 21 luglio 1751), Giovanni Battista Tavazza (testamento 1° settembre 1752) e Cristoforo Paglia (legato pervenuto alla Carità verso i carcerati nel 1768, tramite il Luogo pio Loreto).
Le note vicende subite dalla Compagnia di Gesù, le cui missioni urbane furono soppresse nel settembre del 1767, e i cui membri furono esclusi dall’accesso alle case di detenzione, coinvolsero inevitabilmente anche l’Opera pia Carcerati che si limitò da quel momento alla sola raccolta delle elemosine. L’assistenza spirituale ai detenuti fu affidata ai sacerdoti delle rispettive parrocchie. In forza del decreto emanato il 30 settembre del 1786 dal Consiglio di Governo l’Opera pia Carcerati veniva aggregata al Luogo pio della Carità. Le somministrazioni di minestra ai detenuti continuarono fino al 1808 quando quei redditi e quelli del legato Paglia furono assegnati alle Pie Case d’Industria che ne poterono godere fino al 1847;  a quella data  furono trasferiti all’Istituto di patronato dei Liberati dal carcere assieme alle rendite del soppresso Luogo pio della Malastalla.

(da Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano)

Bibliografia:

  • Serafino Biffi, Sulle antiche carceri di Milano e del ducato milanese e sui sodalizi che vi assistevano i prigionieri ed i condannati a morte, Milano, Tip. Bernardoni, 1884 (rist. anast. Milano, Cisalpino-Goliardica, 1972), pp. 278-287
  • Bruno Viviano, Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), in Antonio Noto e Bruno Viviano, Visconti e Sforza fra le colonne del palazzo Archinto. Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), Milano, Giuffrè, 1980, pp. 322-326
  • Milano. Radici e luoghi della carità, a cura di Lucia Aiello, Marco Bascapè e Sergio Rebora, Torino, Allemandi, 2008, pp. 157-158 (scheda di Paola Bianchi)
  • Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano, a cura di Lucia Aiello e Marco Bascapè, Como, NodoLibri, 2012, pp. 178-179