La Casa per anziani in viale Fulvio Testi a Milano, l’inizio di un progetto

L’allestimento di una “Casa di ospitalità per vecchi in condizione di bisogno”, in un’area di proprietà dell’ECA lungo viale Fulvio Testi, fu deliberata nell’aprile del 1955 (delibera n.73 del 18 aprile) dal Comitato di amministrazione dell’Ente presieduto da Ezio Vigorelli.

La decisione di realizzare un siffatto istituto era in realtà già stata presa nel 1954, allo scopo di colmare una “lacuna”, che si era venuta a creare nel “vasto complesso delle provvidenze assistenziali che formano vanto della città di Milano” (delibera n.59 del 1954), l’assenza, cioè, di “alloggi adeguatamente economici per coppie di anziani lavoratori pensionati di modestissime condizioni economiche – una categoria di persone molto diffusa nella città di Milano – ma attaccate al loro decoro e con un senso geloso della propria autonomia e libertà che inibisce loro di entrare nei normali istituti di ricovero”.

L’area prescelta per la costruzione della “Casa albergo per lavoratori anziani” fu inizialmente quella allocata tra le vie Balbo e Soave, su cui sorgeva il ricovero notturno per senza fissa dimora distrutto dai bombardamenti del febbraio 1942. Dalla delibera del 1953 si apprende anche che la progettazione dell’edificio fu affidata all’architetto Mario Bacciocchi, che aveva realizzato per l’ECA anche le case popolari di via Ponzio (1946-1947).

L’edificio sarebbe stato un vero e proprio complesso alberghiero, “fornito di servizi supplementari caratteristici per l’assistenza sanitaria ad ospiti che per la loro età necessitano di cure particolari”, con una capienza totale di circa 250 ospiti.
La successiva scelta dell’assai più ampia area sita in viale Fulvio Testi – avvenuta dopo “travagliatissima discussione”, per quanto si evince dai verbali delle sedute del Comitato – fu determinata dalla volontà di realizzare un’opera di maggiore rilevanza, di creare, cioè, “un istituto-pilota in sede nazionale, e forse, europea, tale da far veramente onore alla città che lo ospita e all’Ente che lo ha voluto e realizzato”. L’ovvio aumento di spesa che ne conseguì suscitò accesi dibattiti sulle strategie da adottare per evitare una gestione deficitaria della “Casa di ospitalità”.

Plastico realizzato dall’architetto Mario Bacciocchi raffigurante la Casa dell’anziano di via Fulvio Testi 

Una volta portati a termine i lavori di edificazione del palazzo in via Fulvio Testi (1957), su progetto dell’architetto Bacciocchi e con la direzione dei lavori dell’ingegnere capo dell’ECA, Ajace Astori, il Comitato dovette affrontare il problema della modalità di gestione del nuovo “ricovero”, che ne avrebbe definito anche il tipo di attività.

Fu perciò nominata una Commissione ad hoc “per lo studio sulle possibilità di gestione della Casa degli anziani (deliberazione n.32 del 1958), della quale fecero parte i consiglieri Biagio Carletti, Gino Ferrari, Gaetano Polvara, Aristide Tesini assistiti dal segretario generale Ugo Colombo e da alcuni capi servizio tra cui Ajace Astori, Ferruccio Crivelli, Angelo Pagani.

La questione più complessa che affrontò la Commissione fu quella di mantenere il carattere assistenziale del nuovo istituto, evitando di gravare eccessivamente sui bilanci ECA e di sottrarre fondi all’assistenza “normale” (mense, ricoveri notturni, IDAM, centri sociali).
Nel corso della prima riunione della Commissione, tenutasi il 18 marzo 1958, si discusse della possibile gestione diretta della Casa da parte dell’ECA, con il sostegno del Comune di Milano, dell’ONPI (Opera nazionale pensionati d’Italia) e di eventuali partner “privati”. Durante la seduta risultò chiaro che l’unica parte davvero interessata al progetto fosse l’ONPI. Il Comune di Milano infatti stava già organizzando per conto proprio case per anziani e la ricerca di privati si era rivelata fallimentare. In tale sede emersero inoltre i problemi rappresentati dai costi e dalle prassi di gestione di un istituto costituito da più di 300 stanze con una capienza di più di 600 persone, nonché dal tipo di utenza da accogliere – “anziani non cronici e di categorie dotate di mezzi”.
L’anziano d’altra parte si iniziava a rivelare allora un utente particolarmente bisognoso di assistenza; la sua posizione nella società del secondo dopoguerra era infatti profondamente mutata. A questo proposito si rivelano di grande interesse le illuminanti riflessioni di Angelo Pagani, direttore dell’Istituto Inabili a Lavoro e docente di Sociologia, sui Mutamenti della posizione sociale e familiare degli anziani nella società moderna (1961). Pagani infatti analizzò con uno studio accurato (1956) i cambiamenti avvenuti nella popolazione ospitata dall’Istituto Inabili a partire dal secondo dopoguerra, con particolare attenzione agli anni della nuova industrializzazione. Non si trattava più di individui di qualunque età con problemi di adattamento o inserimento sociale, a volte costretti dalle autorità di pubblica sicurezza a entrare in istituto, ma di pensionati con un passato lavorativo ineccepibile, con una buona posizione sociale che spontaneamente decidevano di ricoverarsi. Lo stile di vita delle famiglie della società moderna non era spesso in grado di offrire accoglienza agli anziani, che, grazie ai progressi in campo medico-scientifico, potevano godere di un’aspettativa di vita assai più ampia. Una maggior longevità a volte in condizioni di autonomia, a volte, invece, caratterizzata da condizioni fisiche limitate con drastica riduzione dell’attività.

Abbandonata dunque per motivi eminentemente economici l’idea di una gestione diretta della Casa per anziani, si addivenne al compromesso della cessione del nuovo istituto all’ONPI, che ne avrebbe mantenuta l’originaria e auspicata funzione assistenziale. Le trattative con l’ONPI incontrarono però svariati ostacoli, poiché l’offerta economica non poteva soddisfare le esigenze dell’ECA, che aveva la necessità di “mettersi al riparo” da una gestione in perdita. Per superare questo impasse il nuovo presidente ECA, Lami Starnuti, propose di aprire la Casa ad un’utenza più ampia, pur mantenendo la precedenza agli anziani. Lanciò inoltre l’idea di effettuare una sorta di sondaggio, inviando ad altri ECA, Comuni, Associazioni, ditte, il prospetto delle condizioni di ammissione all’Istituto, con la richiesta di prenotazioni entro un termine relativamente breve. La risposta al sondaggio non ebbe esito positivo, poche e insufficienti furono le risposte delle istituzioni contattate; si portarono quindi avanti faticosamente le trattative con l’ONPI.

Nei primi mesi del 1960 parve si potesse raggiungere un accordo, grazie soprattutto alla proposta del comune di Milano di condividere con l’ECA le perdite economiche derivanti dalla vendita della Casa secondo la proposta dell’ONPI.
Ulteriori complicazioni emersero in occasione della seduta del 31 marzo 1960: l’ONPI infatti rifiutò la richiesta del Comune di mantenere permanentemente i 150 posti a lui riservati all’apertura della Casa; cadde così ogni possibilità di intesa tra le parti.

Fu solo nel 1961 che finalmente si addivenne ad una soluzione. Nella seduta dell’8 maggio infatti il Comitato decise di abbandonare l’originario progetto di Casa di accoglienza per anziani in condizione di bisogno “a causa della fondata previsione di un elevatissimo costo delle rette in rapporto alla qualità e al numero degli ospiti” e di accettare invece la proposta di cedere all’Università Statale e al Politecnico l’edificio per farne un collegio universitario per studenti provenienti da altre città e bisognosi di un alloggio. Gli accordi furono raggiunti agevolmente e la convenzione di cessione approvata.

Nonostante la mancata realizzazione della Casa di viale Fulvio Testi, il progetto di una “casa per anziani” non venne abbandonato: sempre più pressante si mostrava infatti la necessità di luoghi di accoglienza attrezzati rivolti alla popolazione anziana in progressivo aumento.

(testo di Paola Bianchi)