Diomede Castano (morto nel 1585)

Pittore lombardo, Ritratto di Diomede Castano, terzo-quarto decennio del XVII secolo

Diomede Castano era figlio di Giovanni Giorgio, conte palatino e fiscale imperiale, nonché decurione dal 1535, e di Ippolita Buzzi.
Testando l’11 marzo 1553, Giovanni Giorgio aveva nominato eredi in parti uguali i figli Giovanni Battista, arciprete di Monza, Diomede, Carlo, Pomponio – che sarà decurione dal 1568 al 1577 – e Rodomonte, istituendo dei legati a favore delle figlie, suor Angelica monaca in Santa Chiara di Pavia e suor Candida Francesca monaca in Sant’Agostino e San Pietro Martire di Milano; non menzionava la figlia naturale Camilla, andata poi sposa a Giacomo Negroni, che sarà invece ricordata da Diomede nel proprio testamento.
Nel 1573 Diomede, mercante di seta, risultava già risiedere nella parrocchia di San Nazaro in Brolo, in contrada Sant’Antonio, e nella stessa parrocchia, in case separate, abitavano anche i fratelli Carlo e Rodomonte.
Nel testamento dell’8 maggio 1583 e nei successivi codicilli dell’agosto e settembre 1585, tutti rogati dal notaio Cesare Bizzozzero, Diomede disponeva diversi legati, fra i quali i più cospicui erano 1000 lire alla Scuola di Santa Maria Rotonda in San Giovanni in Laterano (dove voleva essere tumulato nel sepolcro di famiglia) e 6000 lire alle rimesse di Santa Maria Egiziaca; ai fratelli Carlo, Pomponio e Rodomonte lasciò metà dei beni ereditati dal padre e dal fratello Giovanni Battista, che nel 1568 lo aveva nominato erede universale.
Di tutti gli altri beni nominava erede la Scuola di Santa Caterina in San Nazaro, di cui era deputato: la moglie, Isabella Varese (alla quale doveva essere restituita anche la dote di 12.000 lire) ne era però usufruttuaria. Diomede mostrava di riporre grande fiducia nella moglie, incaricata di erogare i legati che aveva disposto, “perché di lei molto me confido sapendo molto bene la sua integrità e bontà”, e, anche per proteggerla, e “per l’amore reciproco, qual è sempre stato tra noi, del quale mi sono sempre compiaciuto”, imponeva ai deputati della Scuola di accettare senza discutere i conti e gli inventari dei suoi beni che avrebbe loro presentato la moglie.
I beni venivano lasciati alla Scuola con l’obbligo di distribuire – mediante segni con da un lato l’effige di Santa Caterina e dall’altro quella di San Diomede – in quattro volte (domenica delle Palme, Pentecoste, san Diomede martire al 16 agosto, Tutti i Santi) pane di frumento e drappi di lana ai poveri di San Nazaro in Brolo, San Calimero e San Giovanni in Laterano. Chiedeva inoltre di costruire in Santa Caterina, se lo avessero consentito i redditi della sua eredità, un altare o una cappella dedicata a San Diomede.
Diomede Castano morì il 26 settembre 1585 all’età di 66 anni: l’eredità poi pervenuta alla Scuola ammontava a circa 23000 lire.

(da Il tesoro dei poveri, p. 118, testo di Lucia Aiello)