Giovanni Battista Birago (1742 – 1822)

Giacomo Martinez, Ritratto di Giovanni Battista Birago, 1847

Giovanni Battista Birago nacque a Milano il 4 ottobre 1741 da donna Anna Maria Federici e dal nobile dottore collegiato Gerolamo. Egli poteva vantare avi illustri distintisi soprattutto in qualità di pretori e membri del collegio dei giurisperiti. A questa solida posizione sociale non corrispondeva però un altrettanto solida condizione economico-finanziaria. Nel 1718, al momento della morte del nonno di Giovanni Battista, Giovanni Battista senior, la situazione patrimoniale della famiglia appare tutt’altro che rosea: solo una oculata e al contempo fortunata politica matrimoniale, unita alla perseveranza con cui Gerolamo, nominato tutore e curatore dei numerosi fratelli minori, riuscì a far valere i propri diritti ereditari consentirono alla casata di riprendersi da una situazione che egli stesso definiva “assai miserabile consistendo tutte le sostanze in una possessione situata nel territorio di Cologno […] di pertiche 380 in circa con una casa da nobile e tre rustiche, oltre un piccolissimo effetto nel territorio di Birago […] di pertiche 55 in circa […] Su detti pochi fondi eranvi molti debiti ascendenti alla somma di 22.000”. Il deciso accrescimento patrimoniale registratosi tra il 1718 e la morte di Gerolamo, avvenuta nel 1773, è infatti da imputare prevalentemente alla sua caparbietà e alle sue competenze giuridiche, grazie alle quali riuscì a recuperare le pingui eredità di una zia materna, Caterina Sirtori, del prozio Lancillotto Birago, vescovo di Bobbio e dell’avo materno Alessandro Federici. Tuttavia, come spiega dettagliatamente lo stesso Gerolamo in un memoriale lasciato ai figli Giovanni Battista e Alessandro, che ormai da lungo tempo avevano lasciato la casa paterna e ignoravano quindi le origini della recente fortuna, ancora alla metà del XVIII secolo la situazione doveva essere tutt’altro che solida, fatto questo che spiegherebbe le scelte professionali operate da Gerolamo a favore dei figli: mentre il primogenito Gaspare Lancillotto venne indirizzato alla tradizionale carriera di giurisperito, gli altri due figli maschi furono avviati “in età molto giovanile” alla carriera militare. Alla metà degli anni sessanta Alessandro era “locum tenens Cohortis Germanicae”, mentre il più giovane Giovanni Battista risultava “vice locum tenens Equitum Loricatorum”. Dieci anni più tardi avevano entrambi raggiunto il grado di capitano, rispettivamente nei reggimenti imperiali Puebla e Podztaschi.
Nel 1786 Alessandro, divenuto maggiore del reggimento Belgioioso di stanza in Carinzia, sposò la nobil donna Orsola Luini, figlia del consigliere Giuseppe. La rapida morte di Alessandro, della moglie e del figlio infante, unitamente alla scelta compiuta da Gaspare Lancillotto nel 1785 di prendere i voti, proiettarono Giovanni Battista, che nel frattempo era divenuto prima capitano nel reggimento Löwenstein (1776 ca.) e poi maggiore del reggimento cavalleggeri di Richecourt, a capo della famiglia. In tale veste lo incontriamo – in qualità di procuratore dei fratelli – prima a perorare davanti al Tribunale araldico la richiesta di ottenere il titolo comitale senza dover acquistare un feudo, richiesta accolta nel 1777, e poi a conseguire i crediti e gli investimenti lasciati in Carinzia dal fratello Alessandro nel 1786.
Le vicende dei due fratelli maggiori fecero sì che si concentrassero su di lui le speranze di evitare l’estinzione biologica della famiglia. Probabilmente sul finire del secolo egli prese in sposa la contessa Cristina Croce, figlia del Consigliere di governo Giuseppe; tuttavia dalla loro unione non nacquero eredi e la medesima sorte che nel secolo precedente aveva rinsanguato l’asse famigliare con i patrimoni di membri collaterali rimasti senza eredi portò anche all’estinzione della famiglia. Con testamento 10 luglio 1821 il conte Giovanni Battista, maggiore delle truppe di Sua Maestà Imperiale, lasciava in usufrutto alla moglie Cristina l’ormai cospicuo patrimonio, consistente in beni stabili in Milano (tra cui la casa di via Rugabella 4212 – oggi n. 6 – che tra il 1851 e il 1853 sarebbe stata sede dell’Amministrazione dei Luoghi Pii elemosinieri), Cologno, Lazzate, Fara d’Adda e Treviglio e in obbligazioni di stato, per un valore che al netto sfiorava quasi 900.000 lire austriache. Contestualmente faceva un consistente donativo a favore dell’Ospedale Maggiore ed erigeva un’Opera pia, poi divenuta Opera pia Birago, a cui erano per intanto destinati i frutti provenienti da alcuni stabili e da cartelle del debito pubblico per un valore di 150.000 lire, ma a cui soprattutto sarebbe spettata, alla morte della moglie avvenuta nel 1848, l’intera eredità. L’Opera pia, che aveva per fine il soccorso dei sacerdoti poveri e di buoni costumi della diocesi ambrosiana, fu amministrata dai Luoghi Pii Elemosinieri fino al 1965 quando venne fusa con l’Opera pia Casa ecclesiastica.
Giovanni Battista Birago morì a Milano il 16 agosto 1822.

(da Il tesoro dei poveri, pp. 176-177, testo di Stefano Levati)