Rosa Dell’Acqua (1824 – 1899)

Alessandro Laforet, Monumento a Rosa Dell'Acqua, 1901

Rosa era nata nel 1824 da genitori d’origine milanese; il padre Giovanni Battista morì “ottuogenario” nel 1868 lasciandola erede universale della sua sostanza consistente in crediti, censi, interessi, rendite pubbliche, denari. Dotato di una sensibilità spiccata e un amore per l’arte testimoniati dal possesso di numerosi volumi preziosi, stampe, acquerelli lasciati in legato ai famigliari, cercò di trasmettere quella stessa passione a Rosina (come affettuosamente la chiamava), con scarsi risultati.
Rosa, che non aveva fratelli, con molta probabilità era una figlia naturale nata da una relazione che il padre aveva avuto con una donna di nome Maria Gaggiotti (dalla lettura dell’atto della denuncia di successione effettuato dalla Dell’Acqua alla morte del padre, risulta che Giovanni Battista Dell’Acqua si sposò con Giuseppa Brioschi “senza contratto dotale”); della Gaggiotti non si fa menzione e purtroppo non è stato possibile reperire altra documentazione che ci aiutasse a ricostruire i fatti.
Comunque quest’episodio segnò marcatamente la vita di Rosa. Da adulta scelse di non sposarsi, conducendo una vita abbastanza spartana e parca, lontana da ogni mondanità e da ogni ambizione, com’è attestato dallo spoglio dei suoi effetti personali ritrovati nella sua abitazione a Milano in Via Nirone 6. Ma anche trascorse una vita solitaria con “la sola compagnia della damigella Elena Ganna” e della domestica Angela Zangrandi, dedita alle faccende domestiche.
Morì nel 1899 all’età di settantacinque anni, dopo aver lasciato testamento a rogito notaio Cesare Gallavresi nel 1895, pubblicato il 27 gennaio 1899, in cui nominava esecutore testamentario “l’ottimo cugino ingegner Felice Biella”, probabilmente figlio di quel nobile cugino Giovanni Battista Biella, procuratore degli affari della Dell’Acqua, citato dal padre di Rosa nel testamento. Erede universale dei suoi beni fu la Pia Casa di Betlem di Milano. Quest’istituzione, fondata da Virginia Besozzi e Annetta Giudici nel 1871, soccorreva le fanciulle di limitata fortuna, di buona condotta, soprattutto orfane di madre di una età tra i tre e i dodici anni. Le ragazze erano istruite e addestrate in ogni genere di lavori femminili. Non essendo detta Casa eretta in corpo morale, né volendo farsi riconoscere in ente giuridico e conservando quindi carattere strettamente privato, con decreto prefettizio il 4 agosto 1899 la Congregazione di Carità di Milano acquisì l’eredità Dell’Acqua, che ammontava a circa 88 mila lire, destinandola poi all’istruzione e all’ammaestramento delle fanciulle assistite dall’Opera pia Derelitti di Milano, istituzione peraltro simile alla Pia Casa di Betlem che si occupava appunto “dell’istruzione e ammaestramento nei lavori femminili di fanciulle povere e oneste onde assicurare loro i mezzi per una onorata esistenza”.
Secondo le ultime volontà della benefattrice, il funerale fu celebrato dai Cappuccini della Chiesa del Sacro Cuore di Gesù nella Basilica di Sant’Ambrogio in Milano: vi parteciparono anche le figlie della Casa di Betlem che l’avevano assistita durante la lunga malattia, assieme alla domestica Zangrandi.
Rosa chiese inoltre la celebrazione di trenta messe “per suffragare la sua anima” ed espresse “il debole desiderio di essere tumulata al cimitero monumentale” dove erano sepolti i suoi parenti. Un’opera dello scultore Laforet raffigurante una fanciulla è il monumento che fu eretto nel 1901 a ricordo della pia benefattrice.

(da Il tesoro dei poveri, p. 296, testo di Enrica Panzeri)