Pietro Gonzales (1813 – 1878)

Gerolamo Oldofredi Tadini, Ritratto di Pietro Gonzales, 1879
Giovanni Strazza, La Contemplazione, 1855 circa (monumento a Pietro Gonzales, 1879)

Nato il 23 agosto 1813 a Mantova nella parrocchia di San Barnaba da famiglia benestante (il padre Giuseppe era avvocato, la madre si chiamava Giuseppa Raimondi), Pietro Gonzales fu un tipico esponente di quel ceto di fortunati imprenditori che legarono le proprie sorti alla grande opera di edificazione di un sistema di infrastrutture pubbliche che impegnò i governi della Destra storica nei primi anni dello Stato unitario. Lavorò inizialmente come progettista e titolare di piccole imprese edilizie nel Lombardo–Veneto, trascorrendo parte della sua giovinezza a Verona, dove conobbe la futura moglie Marietta Bonamico, fino a fondare nel 1861 la Gonzales & C. in associazione con i noti ingegneri Gerolamo Silvestri, Enrico Bariola e Luigi Tatti e con la ditta bancaria fondata da Giulio Maffioretti, di cui il medesimo Gonzales era socio accomandante. Impresa edilizia di rilievo primario e di buona fortuna nell’Italia dell’epoca, in grado di distribuire per anni ragguardevoli dividendi ai propri soci, la Gonzales & C. assunse appalti statali per la costruzione di importanti tronconi del nascente sistema ferroviario nazionale; tra questi si può annoverare parte della Ferrovia dell’Adriatico, concessa dallo Stato alla società francese Talabot & C. che affidò alla Gonzales & C. la costruzione del tronco della strada ferrata dalla stazione di San Benedetto del Tronto fino a 10 chilometri oltre la traversata del fiume Osente. Tale opera, che rappresentò il principale impegno della ditta di Gonzales, nel 1864 provocò degli attriti tra quest’ultima e la Società italiana delle ferrovie meridionali, scatenando una lite giudiziaria che ebbe una certa risonanza nell’Italia dell’epoca. Nel 1872 alla Gonzales & C. fu imposto un versamento nelle casse delle Meridionali per la ragguardevole cifra di 1.800.000 lire, ciò che nello stesso anno spinse i soci a decretare lo scioglimento della ditta. Il contenzioso non si era tuttavia ancora concluso al momento della scomparsa di Gonzales, avvenuta a Milano il 4 maggio 1878.
Il ricco imprenditore, titolare di un patrimonio stimato valere alla morte più di due milioni di lire, nel capoluogo ambrosiano uno dei più consistenti dell’epoca, risiedeva in lussuosi appartamenti collocati tra via Brera e l’inizio di via Fiori Chiari e trascorreva i momenti di riposo nella bella villa di Tavernola (Como), progettata dallo stesso Luigi Tatti ed arredata con splendide opere d’arte. Era inoltre proprietario di una vasta tenuta – circa 200 ettari – a Bagnolo San Vito, in provincia di Mantova, dotata di ampia casa padronale, in parte coltivata in economia attraverso un fedele gastaldo ed in parte concessa a diversi mezzadri o, in alcuni anni, ad affittuari; essa era quasi esclusivamente coltivata a frumento e vedeva una consistente attività di allevamento bovino da latte ed equino. Nell’ultimo anno della sua vita Gonzales acquistò infine una piccola casa con giardino nella zona di Sesto San Giovanni, vivendo pressoché in solitudine dopo la conflittuale separazione dalla moglie avvenuta nel 1863, specchio di una vita privata travagliata; l’unico fratello sopravvissutogli, Angelo, con cui ebbe parimenti cattivi rapporti, era del resto da tempo residente a Liverpool esercitandovi attività commerciali.
Per disposizione testamentaria la fortuna dell’imprenditore fu ereditata in parti uguali dalle Congregazioni di Carità di Milano e Mantova, cui egli delegò il compito di istituire nelle rispettive città un’opera pia per conferire “assegni o pensioni a giovani distinti per capacità e moralità pel proseguimento dei loro studi presso università o istituti superiori di perfezionamento nazionali o anche esteri”. Le due Congregazioni avrebbero poi dovuto utilizzare il capitale ricevuto per finanziare gli Asili d’infanzia milanese e mantovano e impiegare il rimanente denaro in opere di beneficenza “atte però sempre ad incoraggiare lo scopo morale ed intellettuale delle classi povere, preferibilmente sempre alle due città di Milano e Mantova”.

(da Il tesoro dei poveri, pp. 232-234, testo di Germano Maifreda)