Giovanni Battista Polli (1816 – 1887)

Giuseppe Bertini, Ritratto di Giovanni Battista Polli, 1888
Giulio Rossi, Ritratto fotografico di Giovanni Battista Polli
Giulio Rossi, Ritratto fotografico di Giovanni Battista Polli
Giosuè Argenti, Monumento a Giovanni Battista Polli, 1888

Giovanni Battista Polli nacque a Milano il 30 dicembre 1816 da Luigi e Maddalena Vismara. La famiglia era originaria di Baveno, nel Novarese, da dove il padre si era portato a Milano per esercitare “un negozio di granito e marmi lavorati”, conquistando una discreta posizione economica.
Compiuti gli studi liceali, nel 1836 Giovanni Battista, come già il fratello Giuseppe, laureato in medicina, si iscrisse alla facoltà politico-legale di Pavia, riuscendo a portare a termine gli studi, malgrado il governo avesse respinto la richiesta di ammetterlo gratuitamente all’I.R. Collegio Ghislieri onde permettergli di seguire meglio i corsi.
Non si conoscono le frequentazioni giovanili del Polli né si sa chi furono i suoi maestri. Anche se “appartenne a quella forte e fortunata generazione che lottò strenuamente per avere una patria”, secondo la convenzionale raffigurazione che ne fece il senatore Robecchi nel ricordarne commosso la memoria, la sua indole (“mite d’animo”) non dovette essere tale da indurlo a impegnarsi direttamente nell’agone politico. Risalgono tuttavia a quegli anni alcune amicizie destinate ad aver forte influenza su di lui, come quella con l’avvocato Francesco Restelli (1814-1890). Fu nel suo studio infatti che Polli, giovane praticante, apprese i rudimenti della professione forense. Restelli, che si era messo in luce nel 1837 con uno studio sul Monte delle sete, nei primi anni Quaranta fu in stretto contatto con Carlo Cattaneo, con il quale collaborò alle Notizie naturali e civili su la Lombardia con una nota sulla servitù di acquedotto e prese parte al Sesto congresso degli scienziati italiani, con una memoria sull’influenza delle associazioni industriali e commerciali sulla prosperità pubblica, premiata dall’Istituto lombardo di scienze e lettere. Nel 1848 ebbe una parte di assoluto rilievo nelle Cinque giornate di Milano come membro del Comitato di pubblica difesa. Costretto all’esilio, mantenne contatti epistolari con il Polli, che pur non avendo avuto parte attiva nelle giornate milanesi, fu evidentemente in amichevoli rapporti con gli insorti, come attesta la sua partecipazione, in qualità di segretario, alla Commissione straordinaria di beneficenza per il soccorso delle famiglie povere dei caduti e dei feriti delle Cinque giornate.
Negli anni successivi Polli esercitò la professione segnalandosi per quell’attenzione verso il mondo dei “derelitti” che ne avrebbe contraddistinto l’operare negli anni della maturità. Negli anni Sessanta risulta infatti iscritto fra gli “avvocati esercenti” che assumevano il patrocinio delle cause dei poveri.
Negli anni Settanta la vita professionale di Giovanni Battista Polli conobbe una nuova e decisiva svolta. Abbandonata la professione forense, si consacrò interamente “al bene pubblico”. Membro dell’Associazione costituzionale di Milano, di ispirazione moderata, fu eletto consigliere provinciale nel 1872, e successivamente continuamente riconfermato; fece parte della Deputazione fungendo da snodo istituzionale nel delicato rapporto tra provincia e comuni. Data a questi anni il suo costante impegno in alcune delle maggiori istituzioni benefiche cittadine, a partire dalla Commissione centrale di beneficenza della Cassa di Risparmio, di cui fu membro assiduo per undici anni (1870-1880), ritrovandosi accanto, oltre ad alcuni dei più bei nomi dell’aristocrazia milanese come Giorgio Giulini e Carlo Greppi, quel Francesco Restelli presso il quale aveva iniziato, giovane procuratore, la sua carriera legale. Rappresentante della provincia nella Commissione amministratrice dell’ospedale Fatebenefratelli, fece parte per diversi anni anche del Consiglio dei riformatori dei giovani di Milano.
Una vita operosa, spesa al servizio di quelle istituzioni caritativo-assistenaziali di cui andava fiera la città, Polli volle legare il suo ingente patrimonio (valutato in oltre 630.000 lire), costituito in larga parte da obbligazioni della Società delle strade ferrate meridionali e da certificati azionari, a favore di quei poveri a cui in vita si era assiduamente dedicato sin dalle sue prime esperienze professionali. A pochi mesi dalla morte, annullando precedenti disposizioni, con testamento olografo del 22 dicembre 1886, stabilì infatti di destinare tutti i suoi beni, tranne 100.000 lire da dividersi fra i figli della sorella Carolina, 2500 lire agli Asili di Baveno e piccoli lasciti ai domestici, alla Congregazione di Carità con incarico di erogarne le sostanze a favore del Ricovero di Mendicità.
Di “professione possidente”, come risulta dalla denuncia di morte, Polli si spense a Milano il 24 febbraio 1887. Ai funerali presero parte, oltre agli amici, alcune delle massime autorità cittadine.

(da Il tesoro dei poveri, pp. 249-250, testo di Giorgio Bigatti)