Carlo Costanzo Manzoni (1762 – 1834)

Carlo Picozzi, Ritratto di Carlo Costanzo Manzoni, 1838

Dal matrimonio tra Ambrogio Manzoni e Costanza Pellegrini, coniugi originari di Varese, erano nati e giunti ad età adulta 8 figli, nell’arco di oltre 20 anni. Per l’ultimogenito, battezzato nella prepositurale di San Vittore a Varese con i nomi di Carlo Gerolamo Desiderio, il 25 maggio 1762, due giorni dopo la nascita, fu scelto come padrino Gerolamo Pestoni, il marito di Teresa, una delle sorelle maggiori. Sulle orme di un altro fratello maggiore, Pietro Paolo, che era entrato nell’ordine dei minimi di S. Francesco di Paola con il nome di Ferdinando Maria, Carlo chiese di vestire l’abito dei minimi nel 1779.
L’ordine si distingueva per il particolare rigore di vita (che oltre ai voti abituali ne prevedeva un quarto di perpetuo vitto quaresimale) e per l’attività caritativa, accompagnata da una scrupolosa preparazione teologica. La Provincia lombarda contava 9 conventi di cui due a Milano, S. Francesco di Paola in S. Anastasia, la casa Provinciale, e Santa Maria della Fontana, il più antico, fondato nel 1547, che era sede del noviziato.
Assunto il nome religioso di Costanzo, Manzoni compì i regolari due anni di noviziato e il 14 aprile 1781 ricevette la prima tonsura e i quattro ordini minori. Secondo gli usi dell’ordine, i chierici venivano poi trasferiti per due anni a Pavia per proseguire gli studi di filosofia e teologia presso il convento di S. Marco; frate Costanzo si dedicò agli studi universitari e ottenne la laurea in teologia e diritto canonico il 25 giugno 1788, dopo essere stato ordinato sacerdote nel 1786. Una volta compiuto il periodo di istruzione, fu inviato in diversi conventi lombardi, assumendo alcune cariche locali. Nel luglio 1798, per ordine della Repubblica Cisalpina, il convento di S. Maria della Fontana, dove si trovava da qualche anno in qualità di correttore, fu aggregato, assieme a quello dell’Annunziata di Como, alla casa di S. Francesco di Paola in Milano. I fratelli Manzoni si ritrovarono quindi nel medesimo convento; gli anni erano però tempestosi e Costanzo, eletto procuratore dei 16 religiosi superstiti a Milano, fu impegnato nella difesa dell’autonomia e delle prerogative dell’ordine, via via erose dall’intervento statale. Nel 1803 il governo decise la soppressione della maggior parte dei conventi dei minimi: rimasero attive le sole sedi di Lodi, Cremona e Pavia. Carlo e Ferdinando rifiutarono il trasferimento e scelsero la secolarizzazione; ottennero in affitto alcuni locali del convento milanese soppresso e vi si stabilirono. Agli ex religiosi fu erogata una pensione di 800 lire milanesi, fu consentito di conservare l’abito talare e la facoltà di dire messa e fu permesso di testare a loro piacimento.
Ferdinando Manzoni morì nel 1805, lasciando le 2000 lire che possedeva ai religiosi riformati dei conventi dell’Annunciata di Varese e di Santa Croce in Como; Costanzo entrò invece a far parte del clero addetto alla chiesa di S. Francesco di Paola che, anche dopo la soppressione del convento aveva mantenuto il ruolo parrocchiale, assumendo anche la cura d’anime della chiesa di S. Bartolomeo. Negli oltre trent’anni vissuti fuori dal convento, oltre a coltivare i suoi interessi teologici e filosofici, come testimoniato dalla discreta biblioteca con 56 volumi di argomento religioso ritrovati presso la sua casa, costituì un buon capitale, formatosi con i frutti della pensione impiegati in prestiti a privati. Al momento della sua morte, avvenuta nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 1834 per “tabe senile”, Manzoni poté destinare ai Luoghi Pii Elemosinieri oltre 21.000 lire austriache in mobili, contanti e preziosi.
Il curatore testamentario, Carlo Pinardi, provvide al pagamento di alcuni piccoli lasciti a nipoti, alla domestica, ai chierici e inservienti della parrocchia di S. Francesco di Paola e a un legato di 1000 lire per i poveri della chiesa.

(da Il tesoro dei poveri, pp. 182-183, testo di Daniela Bellettati)