Emilio Bisi (1850 – 1920)

Emilio Bisi nasce a Milano il 7 novembre 1850 da Luigi (1814-1886), pittore e titolare della Scuola di prospettiva presso l’Accademia di Brera. L’avo paterno è il pittore e incisore Michele Bisi (1788-1874), a sua volta fratello di Giuseppe (1787-1869), pittore e titolare della Scuola di paesaggio a Brera, sposato con la pittrice di ritratti in miniatura Ernesta Legnani (1788-1859) e padre di Antonietta (1813-1866) e Fulvia (1818-1911), rispettivamente pittrici di figura e di paesaggio. Attraverso il matrimonio di Cristina Bisi, altra figlia di Giuseppe, è imparentato anche con Giuseppe Bertini (1825-1898). Nel 1883 Emilio sposa Sofia Albini (1856-1919), appartenente a una famiglia di possidenti terrieri, da cui avrà i figli Luigi (1884), Tommaso detto Maso (1887-1945), giornalista, Antonietta (1891-1945), pittrice, e Camilla (1893-1947), giornalista. La moglie, scrittrice e pubblicista, diventa negli anni sostenitrice della pedagogia montessoriana, del femminismo e dello spiritualismo cattolico modernista.

Dopo aver intrapreso studi di matematica, incoraggiato dalla famiglia si dedica alla scultura. Nel 1875 esegue per la Congregazione di Carità di Milano il ritratto del benefattore Luigi Manganoni (oggi all’ASP Golgi-Redaelli) ed esordisce alle rassegne di Brera con la statuetta Der Freyschutz (il Franco Arciere), soggetto che riproporrà alla Exposition Universelle di Parigi del 1878. Nel 1876 espone Busto al vero e il bassorilievo La morte di Giulio Cesare, entrambi in scagliola, mentre nel 1877 è presente con la statuetta Filolacon (l’amico degli Spartani) e nel 1878 una effigie in marmo a mezzo busto commissionata dal conte Cesare Attendolo Bolognini, verosimilmente identificabile in uno dei due ritratti maschili di ignoti firmati da Bisi conservati al Castello Morando Bolognini di Sant’Angelo Lodigiano, identificabili nei fratelli Ferdinando e Cesare Attendolo Bolognini). Alla Esposizione Nazionale di Milano del 1881 colloca il gruppo in gesso La Scienza e l’Industria che attendono dall’Italia le ricompense meritate, la cui traduzione in marmo funge da frontone della cosiddetta Galleria delle industrie nella stessa mostra.

Su commissione della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano esegue la statua di Santa Melania destinata al capitello di un pilastro di una delle navate minori (1877); per il Cimitero Monumentale realizza le sculture per le tombe dei fratelli Giovanni Battista e Angelo Maccia (1879, 1879-1880), del conte Carlo Barbiano di Belgiojoso (1882) – la cui fusione in bronzo destinata a Brera risulta oggi dispersa – , del padre Luigi Bisi (1888), del professor Giovanni Rizzi (1889-1890) di cui espone una fusione in bronzo alla prima Triennale del 1891, di Cristoforo Robecchi e della moglie Carlotta Brentano Panigatti Robecchi (1892). Nel cimitero di Soncino colloca il monumento per il letterato Antonio Gussalli (1884 circa), ornato da epigrafe dettata da Giosuè Carducci.

Per la facciata della chiesa di San Spiridione a Trieste, progettata da Carlo Maciachini e decorata da Giuseppe Bertini, entro il 1883 scolpisce nove statue di santi di dimensioni maggiori del vero, in relazione alle quali espone un gruppo di due riunite (un modello in gesso a metà grandezza del vero) alla prima Esposizione Triennale di Milano del 1891 insieme al gesso della statua dell’Arcangelo Michele destinata al monumento per la famiglia Covacevich nel Cimitero Serbo-Ortodosso di Trieste. Alla seconda Triennale del 1894 espone il gesso Macchietta equestre del conte Giulio Andrassy e Altorilievo in gesso per una tomba , nel 1895 il suo Civis Romanus viene premiato con medaglia d’oro a Berlino; mentre nel 1896 esegue il monumento a Giuseppe Garibaldi a Lerici nella piazza omonima. Nel 1903 partecipa alla quinta Biennale di Venezia con il gesso Sognando (la cui traduzione in marmo si conserva alla Galleria d’Arte Moderna di Milano), Testa di donna e In gurgite vasto; nell’ottobre dello stesso anno si trasferisce con la famiglia a Genova, dove fonda una scuola d’arte per signorine di cui ricopre la carica di direttore e di docente di scultura, mentre la moglie e il pittore Achille Filippini Fantoni impartiscono rispettivamente lezioni di storia dell’arte e di pittura e di decorazione.

Entro il 1906 Bisi porta a termine il monumento equestre a Gyula Andrassy per Budapest e nello stesso anno partecipa alla Esposizione Nazionale di Milano con La chimera in gesso e Ritratto della signorina K. di Berlino, busto in gesso.

Prende poi parte al concorso per la esecuzione delle raffigurazioni scultoree delle regioni d’Italia destinate alla decorazione del Vittoriano a Roma assicurandosi quella della Lombardia, di cui un esemplare in gesso e in dimensioni ridotte si trova al Museo del Paesaggio di Verbania Pallanza. Nello stesso 1906 si trasferisce per qualche anno a Roma con la famiglia.

Tra le ultime opere si ricordano la lapide con ritratto a medaglione in bronzo di Antonio Fogazzaro posta sulla casa dello scrittore a Oria Val Solda (1911 circa), il monumento al medico Vincenzo Cozzolino, marito di Itala Cremona nipote di Tranquillo Cremona, per il Cimitero Monumentale di Poggioreale a Napoli (1911 circa) e il monumento agli Alpini d’Italia (1915) collocato originariamente nel cortile della Caserma Majnoni di via Mario Pagano a Milano e oggi situato in piazza Giovanni XXII.

Emilio Bisi muore a Milano il 19 febbraio 1920.

(testo di Sergio Rebora)