Giacomo Campi (1846 – 1921)

Giacomo Campi (Milano illustrata, 1903, p. 243, fot. Bardelli)

Giacomo Campi nasce a Milano il 20 ottobre 1846 da Giuseppe, impiegato di prefettura, e da Carolina Grechi, in una famiglia di antica origine cremonese che vanta la discendenza dal casato dei pittori e architetti Antonio, Giulio e Vincenzo Campi. Mentre la sorella Annetta (1844-1924) diventa attrice drammatica, Giacomo (che a vent’anni partecipa alla terza guerra d’Indipendenza nelle file dei garibaldini partecipando alla battaglia di Bezzecca) intraprende la strada della pittura formandosi inizialmente a Torino – città in cui la famiglia si era trasferita – sotto la guida di Luigi Gandolfi, pittore, miniaturista e litografo. In seguito, spostatosi con i genitori a Crema, frequenta i corsi dell’Accademia Carrara di Bergamo presso cui è allievo di Enrico Scuri, per completare poi gli studi a Roma all’Accademia di San Luca.

Dall’inizio degli anni Settanta dell’Ottocento si stabilisce a Milano presso il suo studio di via Moscova 27 dove lavora in prevalenza come decoratore ad affresco per interni ed esterni, settore quest’ultimo in cui la sua opera viene richiesta per abbellire alcune dimore dell’aristocrazia e dell’alta borghesia imprenditoriale cittadine e lombarde, come la casa di Alessandro Manzoni, i nuovi o rinnovati palazzi Bagatti Valsecchi, Melzi d’Eril, Castelbarco Albani, il castello Arnaboldi a Carimate e alcuni ambienti della Villa Reale di Monza. Interviene inoltre nella cappella Falcò nel cimitero di Imbersago e in alcuni edifici destinati a soggiorni di villeggiatura, alla ristorazione e all’intrattenimento, tra cui si ricordano il Grand Hotel Plinius a Como, l’Hotel d’Angleterre & Pension di Venezia, alcuni alberghi dell’Engadina e di Sanremo, il Gran Caffè Ristorante Molinari e il Caffè-Concerto Romano, entrambi a Torino. Sempre a Como realizza inoltre il grande velario del padiglione che ospita l’Esposizione Voltiana del 1899, distrutto da un incendio. A Magenta viene chiamato dall’avvocato Giovanni Giacobbe a decorare ad affresco la sua antica casa, già quartier generale dell’esercito austriaco durante la battaglia omonima nel 1859, con soggetti allegorici ispirati alla seconda guerra d’Indipendenza; contestualmente in loco affresca la volta del Teatro Lirico.

In parallelo a questa attività si dedica alla pittore da cavalletto a olio e all’acquarello trattando soggetti di genere e in costume, partecipando alle rassegne annuali indette da Brera, dalla Società per Artisti e Patriottica e dalla Famiglia Artistica. A Brera espone Il primo bacio e La presa di Roma (1872), L’indovina di Cleopatra (1873), Una piccola passeggiata (1874), Studio di notte con effetto di fiaccola, Il pascolo e gli acquarelli Dopo il pranzo, Spazzacamino e Studio dal vero in tempo piovoso (1875), La lavandaja romana, Un giovine gondoliere e l’acquarello L’albero d’amore (1878), I parenti dei martiri cristiani nel circo e l’acquarello A Venezia nel 1700 (1879), Ritratto di signora, Cupido e Momo, La schiavitù, Il girovago della Galleria Vittorio Emanuele, Il piccolo commercio e La libertà (1882), Che bel giovinotto!… e La passeggiata di beneficenza milanese (1883), oggi conservato in Palazzo Morando a Milano. Alla Esposizione Nazionale di Milano del 1881 è presente con Alle grandi manovre, Tentazione, Luna di miele, Napoleone a Sant’Elena.

Campi esegue molteplici ritratti su commissione, incrementando le quadrerie di famiglia dei Borromeo, dei Barbiano di Belgiojoso, degli Stanga, dei Falcò, degli Arnaboldi e anche quelle appartenenti alle istituzioni assistenziali ambrosiane: nel 1914 esegue infatti l’effigie di Edoardo Crespi per la Congregazione di Carità (oggi all’ASP Golgi-Redaelli).

Nel suo atelier produce anche disegni per illustrazioni, caricature, pergamene e diplomi miniati, alberi genealogici, paraventi, insegne, ceramiche dipinte e altri manufatti dalle tipologie e dai materiali eterogenei. A Campi va attribuita anche l’invenzione delle “ombre cinesi”, gioco illusionistico di cui diventa interprete in prima persona e che rappresenta pubblicamente in Italia e in Europa attraverso spettacoli a scopo benefico.

Coniugato in seconde nozze con Claudina Gatti, da cui ha il figlio Plinius (1905-1997), fisico nucleare e collaboratore di Enrico Fermi e Giulio Natta, Giacomo Campi muore a Milano l’8 dicembre 1921.

(testo di Sergio Rebora)