Giuseppe Barbaglia (1841 – 1910)

Giuseppe Barbaglia nasce a Milano il 19 ottobre 1841, primogenito dei sei figli nati dal matrimonio tra Pietro, impiegato, e Maria Ciocca, sorella dello scultore Gaetano. Dopo aver subito l’amputazione di una gamba a seguito delle complicazioni da febbre tifoidea, nel 1863 si iscrive ai corsi dell’Accademia di Brera frequentando le scuole di architettura, prospettiva, ornamenti, elementi di figura e, tra il 1866 e il 1868, quella di pittura diretta da Giuseppe Bertini. Tra i compagni di studio si ricordano almeno Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni, Giuseppe Grandi, Mosè Bianchi, i primi tre futuri protagonisti della Scapigliatura ai cui modi anche Barbaglia si avvicinerà.

Dopo aver esordito alle rassegne annuali di Brera nel 1866 con Cristo all’orto, poi acquistato da Vittorio Emanuele II, espone Ritratto e La preghiera (1867), Un matrimonio civile in un villaggio (1868), che partecipa al concorso per la Fondazione Mylius (una versione – forse l’originale acquistato dal sindaco di Milano Giulio Belinzaghi – si conserva alla Pinacoteca Ambrosiana cui è giunta con il legato di Attilio Brivio), Una partita alla morra (1869), inviato alla Promotrice di Torino l’anno seguente, dove viene acquistato dalla Società per le Belle Arti e assegnato in sorteggio alla contessa Elena Caroli Agliardi di Bergamo. Espone poi a Brera Ritratto e Angelica (1870), Avanzi del rancio distribuito agli affamati, tratto dai Bozzetti militari di Edmondo De Amicis e, ancora a Torino, La politica di due potenze messa in campo in casa del curato (1872), poi presentato alla Esposizione Nazionale di Milano dello stesso anno con il titolo Dissensi politici in casa di un curato di campagna. Alla mostra Barbaglia è presente anche con le due composizioni di genere già presentate a Brera rispettivamente nel 1868 e nel 1871 dai titoli mutati: Matrimonio civile in un villaggio di Lombardia e La carestia in Sicilia (dato in sorteggio al Municipio di Pavia); nello stesso 1872 vince il concorso indetto dalla Fondazione Canonica con Bagno pompeiano, conservato presso le raccolte dell’Accademia di Brera.

Oltre alle composizioni di genere – dal 1876 ambientate anche nel Settecento utilizzando come sfondo gli ambienti di Palazzo Clerici e servendosi della fotografia – e alle nature morte, Barbaglia si dedica intensamente al ritratto su commissione realizzando tra il 1880 e il 1881 le effigi a mezzo busto a pendant dell’industriale siderurgico Felice Grondona e della moglie Matilde Noseda, del genero collezionista e critico d’arte Luigi Della Beffa e della moglie Giuseppina Grondona, del figlio Alfonso Grondona e della moglie Augusta Stieghele. Alla fine degli anni Ottanta dovrebbe risalire il ritratto postumo di Luigi Garbagnati, suocero di Benedetto Junck, collezionista, musicista e animatore con la moglie Teresa di un importante salotto culturale ambrosiano (oggi l’opera appartiene alla Galleria d’Arte Moderna) e al 1901 è datata la tela raffigurante l’antiquaria Sofia Arrigoni Cioffi (entrambe le opere appartengono oggi alla Galleria d’Arte Moderna di Milano insieme alla coppia di effigi a pendant dei coniugi Nolli-Pizzi). Nel 1887 Barbaglia ritrae anche Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Verdi in due tele, una conservata presso il Conservatorio di Milano e l’altra – esposta in quell’anno alla Nazionale di Venezia – presso il Grand Hotel et de Milan, mentre nel 1908 realizza l’effigie del commendator Giovanni Silvestri presidente della Banca Popolare di Milano. Altri ritratti ancora sono commissionati dall’ingegner Paolo Almici (1880, 1884), da Anselmo Frontini (1882), dall’ingegner Emilio Bernasconi (1882, 1883), dall’avvocato Mario Martelli (1883), dall’ingegnere e collezionista d’arte Luigi Luvoni (1883), dallo scultore Renato Peduzzi (1883), da Ernesto Puricelli (1885), da Luigi Cremonesi (1885)

Si ricordano inoltre i ritratti eseguiti per le quadrerie dei benefattori di alcune istituzioni ospedaliere e assistenziali lombarde: quelli di Gaetano Casati (1897) per l’Istituto dei Ciechi di Milano, di Alfonso Litta Visconti Arese (1896-1897) e Gaetano Casati (1898-1899) per l’Ospedale Maggiore (oggi Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico) – cui sono giunti in eredità anche quelli di Luigi Marinoni (1885-1895) e di Ambrogio Zonda (1885) – , di Giovanni Saldarini (1903) per la Congregazione di Carità (oggi ASP Golgi-Redaelli) e di un benefattore attualmente non identificato (1901), Carlotta Treves (1909) e Giovanni Ronchetti (1909) per l’Ospedale Sant’Anna di Como.

Presente alle rassegne di annuali di Brera ininterrottamente fino al 1886 e a quelle della Società Permanente dalla sua fondazione (1886), Barbaglia partecipa anche alle triennali braidensi, alle quali espone Ritratto d’uomo e Ritratto (1891), Giardini pubblici di Milano, Canale della Martesana e due ritratti (1894) e altri ritratti ancora (1897, 1900). Negli stessi anni intraprende l’attività di copista, riproducendo opere di maestri del passato tra cui L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci e Lo sposalizio della Vergine di Raffaello ma anche di artisti del suo tempo come Tranquillo Cremona. Nel primo decennio del Novecento esegue alcune marine approfittando dei soggiorni terapeutici invernali da lui effettuati a Bordighera.

Muore a Biassono il 25 aprile 1910.

(testo di Sergio Rebora)