Luigi Pedrazzi (1802 – 1845)

Luigi Pedrazzi nasce nel 1802 a Milano dal bolognese Prospero e dalla bergamasca Esther Mosconi, entrambi cantanti d’opera. Frequenta le Scuole superiori dell’Accademia di Brera e si iscrive nel 1822, dopo una prima bocciatura, alla Scuola del nudo diretta da Luigi Sabatelli. È proprio il maestro fiorentino, in quel tempo assente per impegni nella città natìa, a dare l’imprinting stilistico a Pedrazzi, che invece seguirà le lezioni in presenza di Francesco Hayez. Dà prova dei suoi risultati da allievo durante le Esposizioni braidensi. Sono segnalati dai documenti ma non rintracciati a oggi alcuni lavori come il disegno di una Trabeazione di un intercolunnio ionico; San Giovanni che predica nel deserto (mezza figura ad olio), “due ritratti ad olio” (Atti Brera, 1823); Giaele che sta per piantare il chiodo nella testa di Sisara (mezza figura ad olio). Si spende per la decorazione del Planisfero Rossari (1822) e per l’invenzione, con la collaborazione di Domenico Bonatti, di cronache incise della contemporaneità – le Storie di Papa Pio VII (Fondazione Maria Cosway, Lodi) – o di miti letterari – Paolo e Francesca (Milano, Biblioteca Braidense).

Attento alla moda artistica del tempo ma debitore di forme neoclassiche, Pedrazzi termina la sua formazione verso il 1827, quando imbocca la strada della pittura di soggetto sacro, relativamente poco frequentata dagli artisti del tempo, forse su consiglio dello stesso Hayez. Si possono così apprezzare le sue prime commissioni: il pendant della Morte di San Giuseppe e il Sant’Antonio (ante 1827, Inzago, chiesa di San Rocco), l’enorme Cena in Emmaus  (1829, Fossano, cattedrale di Santa Maria e di San Giovenale).

Il periodo della breve maturità vede il triennio 1831-1833 particolarmente fruttuoso. Pedrazzi guarda al suo     maestro di pittura, che sente più vicino tramite Giuseppe Diotti e la sua forte carica morale. Abbandonerà mano a mano il tratto sublime e nervoso di Luigi Sabatelli, visibile in alcuni disegni verosimilmente giovanili oggi in collezione privata. Si segnala innanzitutto un San Francesco di Sales consegna la Regola delle Visitandine alla Santa Francesca di Chantal (1832, Milano, chiesa di San Francesco di Paola). Nel frattempo il suo spettro d’azione si allarga a Lodi (Pentimento di San Pietro, 1831, chiesa della Maddalena; San Michele che scaccia il demonio, 1832 circa, chiesa di San Lorenzo) ed è consacrato come ritrattista della borghesia intellettuale, imprenditoriale e filantropica milanese.

Il ritratto di Pedrazzi dimostra i valori e i ruoli di genere del proprio momento storico ed egli è tanto meno immediato quanto più l’intento del ritratto è di circostanza. Allo stato delle ricerche sono pervenuti solo quattro dei ritratti eseguiti da Pedrazzi: scelgono il pittore milanese Francesco Carlini, direttore dell’Osservatorio astronomico di Brera (1832, collezione privata) e Maria Malibran, allora nel pieno di una scintillante carriera da soprano nei migliori teatri d’Europa (1835 circa, Milano, Museo del Teatro alla Scala). Fanno inoltre da lui effigiare i loro benefattori l’Ospedale Sant’Anna di Como (contessa Maria Visconti Ciceri Ala Ponzone, 1834) e l’Amministrazione dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano (banchiere Francesco Mainoni, 1844, oggi all’ASP Golgi-Redaelli).

Come attestano alcuni bozzetti conservati in collezione privata, Pedrazzi ricopre anche il ruolo di figurinista per il Teatro alla Scala e non si esclude che sia lo stesso progettista del costume della Malibran (nei panni di Desdemona) per la recita dell’Otello del 1834. L’interesse per il costume nasce nella collaborazione fino al 1834 con il pittore cremonese Gallo Gallina per l’opera di Giulio Ferrario, direttore della Biblioteca di Brera, Il costume antico e moderno ovvero storia del governo, della milizia, della religione, delle arti, delle scienze e delle usanze di tutti i popoli moderni. Si rimarcano i contatti anche stilistici e forse personali con Pelagio Palagi, maestro di Gallina nello studio privato milanese di contrada di San Vincenzino. Nell’ambito della pittura di storia Pedrazzi esegue il perduto Guido Visconti che fa per la seconda volta il suo ingresso in Genova, commissione del duca Carlo Visconti di Modrone, fondatore del Pio Istituto Teatrale di Milano, direttore degli I.R. Teatri milanesi e  impresario della Scala. Attraverso la parentela del duca con Filippo Ala Ponzone (tramite la stessa Maria Visconti Ciceri) a Pedrazzi giunge la commissione della Vergine col Bambino e i santi Antonio Abate e Giulio per la chiesa di San Giulio a Cascina Massina presso Cislago (1836), in cui l’equilibrio monumentale alla Diotti si mescola a formule di purezza cromatica che forse guardano alla pittura francese.

Nell’ultimo anno della sua vita Pedrazzi si occupa anche di affresco, lavorando a Sulbiate, nel Milanese, presso la chiesa di Sant’Antonino martire. Le commissioni allogate a Pedrazzi riguardano le due pareti laterali all’altar maggiore, il cupolino absidale e i pennacchi sopra le arcate delle cappelle in navata. Le due scene nel coro rappresentavano il Martirio di Sant’Antonino martire e la Translatio delle reliquie di Sant’Antonino, storie relative quindi al dedicatario della chiesa; sul cupolino absidale le tre vele rappresentanti le Glorie dei Santi Antonino, Maurizio e Cecilia; sui pennacchi degli archi di introduzione alle cappelle della navata i Dodici Apostoli. Purtroppo, a parte quelli raffiguranti gli Apostoli, tutti gli affreschi sono perduti.

Coniugato con Maddalena Sabatelli, figlia del suo maestro a Brera, dalla quale ha otto figli, Luigi Pedrazzi muore a Milano di “tabe epatica” (malattia cronica del fegato) nel settembre 1845.

(testo di Mattia Ferrario)