Umberto Lilloni (1898 – 1980)

Umberto Lilloni nasce a Milano il 1° marzo 1898 da Francesco, di professione mobiliere, e da Adele Ottazzi. Dopo aver frequentato la scuola per artigiani della Società Umanitaria si iscrive ai corsi dell’Accademia di Brera, interrompendo gli studi per arruolarsi come volontario al fronte nel 1917, durante il primo conflitto mondiale. Nell’immediato dopoguerra completa gli studi intrapresi frequentando la Scuola di pittura diretta prima da Cesare Tallone e poi da Ambrogio Alciati, congedandosi da Brera nel 1922 dopo aver conseguito il premio istituito dalla fondazione Mazzola l’anno precedente e il pensionato Hayez con un nudo femminile.

Tra il 1924 e il 1927 insegna disegno alla scuola della Società Umanitaria e fino al 1941 al liceo artistico di Brera e alla scuola superiore degli artefici; successivamente ricopre la carica di docente di decorazione pittorica presso l’istituto d’arte Paolo Toschi di Parma. Nel 1926 sposa Mariuccia Ghisleni da cui avrà i figli Adele, Luciano e Renata.

Nel 1927 il suo Figura di vecchio presentato alla Biennale di Brera ottiene il Premio Principe Umberto; nel 1929 espone L’uomo dal martello e Figura di donna alla seconda mostra del Novecento Italiano curata da Margherita Sarfatti alla Società Permanente e nello stesso anno allestisce la sua prima personale alla Galleria Bardi di Milano. Intraprende una fitta attività espositiva prendendo parte alle Biennali di Venezia (1928-1936, 1940, 1942, 1952), alle rassegne del sindacato regionale fascista di belle arti di Milano (1928-1933), alle sociali della Permanente – nel cui ambito riceve per due volte il premio Sallustio Fornara con L’Entella a Chiavari (1934) e Specchio (1937) – alle Quadriennali di Roma (1935-1943) e alla prima edizione del Premio Bergamo (1939). Insieme al collega Angelo Del Bon e ad altri artisti operanti a Milano negli anni Trenta si avvicina al critico Edoardo Persico e all’ambiente della galleria Il Milione, dando vita a una corrente pittorica poi denominata Chiarismo che supera i canoni classicisti di Novecento.

Su commissione delle principali istituzioni ospedaliere e assistenziali milanesi esegue i ritratti delle benefattrici Lina Rossi Boschi (1925-1926) e Sofia Gervasini (due versioni, 1931) per l’Ospedale Maggiore (oggi Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico), Alessandra Amelotti (1926) per il Pio Albergo Trivulzio (oggi ASP Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio), Sofia Gervasini (1932) e Dolores Vecchiotti Ridella (1956-1957) per l’Istituto dei Ciechi e ancora la stessa Sofia Gervasini (1937) per la Congregazione di Carità (oggi ASP Golgi-Redaelli).

Nel secondo dopoguerra riceve alcune onorificenze in occasione della partecipazione a rassegne collettive, tra cui i premi Burano (1948), Michetti a Francavilla a Mare (1949), Marzotto (1956). Effettua numerosi viaggi dipingendo in Francia, Germania e Olanda Danimarca, Svezia. Nel 1973 si trasferisce a Lugano.

Muore a Milano il 15 giugno 1980.

(testo di Sergio Rebora)