Giuseppe Franchi (1816 – 1880)

Giuseppe Lanfranchi, Ritratto di Giuseppe Franchi, 1850 circa
Giuseppe Lanfranchi, Ritratto di Giuseppe Franchi, 1850 circa

Discendente da un’agiata famiglia di professionisti e commercianti, Giuseppe Franchi nacque a Pavia il 9 maggio 1816 da Giacomo e Maria Mezzadri. Laureato in ingegneria civile e architettura all’università della città, iniziò a lavorare come praticante gratuito presso l’Ufficio Tecnico Municipale di Pavia (1839) e nello studio dello zio paterno Carlo Giuseppe. Nel 1843 fu nominato ingegnere aggiunto del Comune, rilevando nel contempo la gestione delle attività dello zio  († 15 agosto 1843), il quale vantava numerosi facoltosi clienti, tra i quali figurava anche il marchese Francesco Belcredi (1787-1853), di cui divenne procuratore generale.

Vicino agli ambienti patriottici che cospiravano per la liberazione del Lombardo-Veneto dalla dominazione austriaca, Giuseppe Franchi fu in relazione con il conte Gabrio Casati (1798-1873). Nel 1848, durante le Cinque Giornate di Milano, venne incaricato dal Municipio di Pavia, insieme al ragioniere Luigi Dagna e all’ingegnere Antonio Gallotti, di portare una lettera al podestà di Milano per avere notizie aggiornate sull’evoluzione dei fatti. Fermati da alcuni soldati austriaci alla barriera di Porta Ticinese, i tre furono arrestati, tradotti al Castello e liberati quattro giorni più tardi.

Nel mese di settembre 1848 si unì in matrimonio con Marta Lanfranchi (1832-1910), dalla quale ebbe cinque figli: Emilio (1852-1925), che avrebbe seguito le orme del padre divenendo ingegnere; Carlotta (1856-1934); Silvia (1858-1938), andata in sposa ad Annibale Brambilla; Giacomo (1863-1939), avvocato, segretario generale della Congregazione di Carità di Pavia dal 1892 al 1928 e cultore di storia locale, e Camilla, che fu moglie di Ferdinando Brusotti (1839-1899), docente d’ornato e disegno architettonico all’Università di Pavia.

Come tecnico municipale si occupò dell’ampliamento, del rettilineo e della livellazione della circonvallazione esterna di Nord-Ovest e del rettifilo di Porta Stoppa ideato da Giovanni Zanardi. Nel contempo proseguiva il suo impegno al servizio di Francesco Belcredi, tanto che per l’esperienza maturata in questo ruolo, alla morte del marchese, avvenuta il 14 novembre 1853, i Luoghi Pii Elemosinieri di Milano, suoi eredi universali, stabilirono di continuare ad avvalersi delle sue prestazioni per l’amministrazione dei beni ubicati nello Stato Sardo.

Fra gli interventi di maggior rilievo attuati sotto la sua vigilanza si contano sostanziali migliorie ai fabbricati colonici e il rettifilo dell’Agogna, per i quali nel 1864 la Congregazione di Carità di Milano (subentrata ai Luoghi Pii Elemosinieri dopo l’unità nazionale), ottenne il conferimento di una medaglia d’oro dalla Società Agraria di Lombardia in occasione di un congresso con esposizione agricola presso l’Università di Pavia.

Si adoperò per la fondazione del Collegio degli Ingegneri di Pavia fin dal 1859, mentre nel 1865 fu nominato capo ingegnere del Comune, in sostituzione di Giovanni Zanardi, incarico dal quale si dimise sei anni più tardi, in relazione a una campagna denigratoria sostenuta dal periodico radicale La Libertà. Sciolto dagli impegni presso l’amministrazione municipale, incrementò quello presso la Congregazione di Carità di Milano, assumendo anche la gestione dell’Agenzia di Verrua che si occupava dei beni situati in quell’area, ereditati dalla contessa Teresa Giorgi Oppizzoni Paceco (1808-1865).

Solo nel 1877 Franchi tornò a occuparsi direttamente del funzionamento del Comune di Pavia, questa volta come membro del Consiglio Comunale. Fu pure presidente della Congregazione di Carità di Sommo.

Nell’ottobre 1880 Giuseppe Franchi ottenne dalla Congregazione di Carità di Milano il collocamento a riposo per motivi di salute e la facoltà di farsi sostituire, secondo una radicata consuetudine, dal figlio Emilio, che dall’ottobre 1879 lo coadiuvava nella gestione dell’Agenzia di Pavia. La collaborazione tra padre e figlio era iniziata in concomitanza con l’adizione da parte dell’ente dell’eredità del medico pavese Antonio Lainate (1812-1879), incarico che avrebbe comportato un ulteriore aggravio di lavoro per l’ingegner Franchi, già allora provato dalla malattia alla quale avrebbe infine ceduto il 22 novembre 1880.

(testo di Maria Cristina Brunati)