Cesati in Santa Maria Podone (1736 – 1784)

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L’Opera pia Cesati deve il suo nome al fondatore, il sacerdote Bernardino Cesati (già cappellano del Luogo pio dell’Umiltà e iscritto alla Compagnia di San Filippo Neri), che la istituì presso la chiesa di Santa Maria Podone con testamento del 18 luglio 1736, “memore dell’obbligo lasciatomi dal fu Antonio, mio fratello predefunto, di dover disporre in cause pie a mia elezione lire 6.000 imperiali, come consta da istrumento d’esso mio fratello rogato dal dottor Bazetta Giuseppe il 29 marzo 1735”.
Il benefattore stabiliva che dopo la sua morte si distribuissero subito cento lire imperiali ai poveri della parrocchia di Santa Maria Podone e, tra i diversi legati, si celebrassero due messe quotidiane di suffragio, da celebrarsi l’una nella stessa Santa Maria Podone e l’altra nella chiesa di Santa Maria Fulcorina. Egli nominò i suoi esecutori testamentari nelle persone di Stefano Marinoni, prevosto di Santa Maria Podone, di Domenico Albertonio, cappellano del Luogo pio dell’Umiltà, del notaio rogante Carlo Filippo Marinoni e del ragionato Giberto Baselino, vincolando “in infinito” a tale incarico i rispettivi successori (vale a dire un notaio, un ragionato, il parroco di Santa Maria Podone e un cappellano dell’Umiltà). Ai quattro amministratori venne affidata la riscossione annuale degli utili, fitti e interessi dei capitali che sarebbero andati maturando, al fine di convertirli nell’assolvimento dei numerosi legati da lui prescritti.
L’entità dei capitali che il testatore aveva in deposito presso terzi ascendeva a oltre 20.000 lire imperiali e i redditi ricavati da tale somma andavano ripartiti in tre porzioni. Dagli utili ottenuti da un capitale di 10.000 lire gli esecutori erano tenuti a distribuire ogni anno quattro doti, del valore di cinquanta lire ciascuna, a “quattro zitelle nubili della parrocchia di S. Maria Pedone con la fede non solo della loro povertà ma anche con gli attestati di frequenza della Dottrina cristiana e dei SS. Sacramenti”. Con gli interessi ricavati dall’investimento di 4.000 lire gli amministratori dovevano, invece, procurare due “torchie per accompagnare il Venerabile agli infermi”; due terzi del capitale restante erano elargiti in elemosine di pane bianco ai poveri della città di Milano e la rimanente terza parte nel pagamento degli affitti di case per gli inquilini poveri della parrocchia di Santa Maria Podone.
L’opera pia Cesati non ebbe una propria sede capitolare: per volontà testamentaria, la cassa del denaro contante fu sempre custodita dal parroco pro tempore della medesima parrocchia, unitamente ai registri contabili.
Nel 1784, in applicazione della riforma giuseppina, l’Opera pia Cesati veniva aggregata al Luogo pio della Carità. A quell’epoca le quote erogate rispettavano ancora le entità stabilite in origine dal testatore: infatti, 200 lire risultavano impiegate per costituire i quattro assegni dotali annuali, 751 lire erano spese per la distribuzione di pane bianco e 375 lire erano erogate a saldo degli affitti inevasi delle abitazioni dei parrocchiani poveri.

(da Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano)

Bibliografia:

  • Bruno Viviano, Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), in Antonio Noto e Bruno Viviano, Visconti e Sforza fra le colonne del palazzo Archinto. Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), Milano, Giuffrè, 1980, pp. 320-322
  • Milano. Radici e luoghi della carità, a cura di Lucia Aiello, Marco Bascapè e Sergio Rebora, Torino, Allemandi, 2008, pp. 118-119 (scheda di Maria Cristina Brunati)
  • Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano, a cura di Lucia Aiello e Marco Bascapè, Como, NodoLibri, 2012, pp. 176-177