Malastalla (ante 1474 – 1787)

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Gravissime lacune documentarie non hanno ancora permesso di stabilire con precisione il momento della fondazione del luogo pio della Malastalla e soprattutto di delineare chiaramente la distinzione tra l’istituzione carceraria e la scola che gestiva l’assistenza ai prigionieri. Le carceri milanesi della Malastalla erano ubicate, sin dalla seconda metà del Duecento, nell’isolato compreso tra le contrade degli Orefici e degli Armorari, vicino alla chiesa di San Galdino. L’attività di una congregazione a sostegno dei carcerati è invece attestata dagli anni settanta del Quattrocento; precedenti potrebbero essere individuati nei “Protettori delle carceri”, istituiti da Bianca Maria Visconti nel 1466 con il compito di sorvegliare il buon andamento di tutte le carceri milanesi e proteggere i detenuti da abusi sia fisici che giuridici. I Protettori, in numero di quindici, erano scelti dal vicario di provvisione e da un medico ed erano composti da cinque giureconsulti, cinque procuratori e cinque nobili. Il riferimento a una scuola “carceratorum Mediolani” si trova invece per la prima volta nel 1471 in un diploma di Galeazzo Maria Sforza: il duca concede agli scolari l’approvazione delle loro regole e li autorizza a riunirsi stabilmente in un luogo deputato. La prima esplicita menzione della Scuola dei carcerati della Malastalla è di pochi anni più tardi, quando, nel 1474, il famoso usuraio e benefattore Tommaso Grassi donò una casa, per uso del priore e degli scolari proprio adiacente al carcere. I confratelli si occupavano in modo particolare di soccorrere i detenuti per debiti, che costituivano la maggioranza dei prigionieri del penitenziario, impegnandosi anche a riscattare quelli reclusi per somme di scarsa entità e a fornire loro assistenza legale e spirituale.
Il luogo pio era retto da un capitolo presieduto da un priore. Tra i deputati si annoverava la presenza di giureconsulti: nel Settecento ne compaiono stabilmente quattro, affiancati da un “ragionato”, un cancelliere, con l’obbligo di tenere “ben registrato l’archivio”, e un vice tesoriere, con l’onere di sovrintendere a tutta l’azienda e assistere alla distribuzione del pane. A questi si aggiungevano un portiere con diritto all’abitazione, un guardiano delle carceri, un facchino “che giornalmente portava il pane della munizione alle carceri” e un cappellano.
Il mantenimento dell’attività elemosiniera e della struttura organizzativa del luogo pio erano sostenuti innanzitutto dalle rendite provenienti dalla gestione del patrimonio immobiliare e fondiario, costituito da case di abitazione in Milano – compreso il “casino” interno alla casa Capitolare in cui abitava il guardiano – e da tre botteghe, ubicate rispettivamente in contrada Orefici, vicino alle carceri e alla sede capitolare, nella parrocchia di Sab Babila e nella contrada degli Armaroli. Le proprietà rurali erano invece costituite da case coloniche e terreni ubicati nei Corpi Santi di Milano e in diverse località del contado, come Bascapè, Corneliano Bertario, Desio, Melzo e Missaglia. Il luogo pio si avvaleva inoltre dell’incameramento di pii legati e dei frutti derivanti dai capitali investiti sul Banco di Sant’Ambrogio di Milano, che andavano ad incrementare le elemosine “che si raccolgono ogni anno, tanto nella Quaresima per la Città dagl’Illustrissimi Signori Protettori, quanto nel giorno dell’Indulgenza, che d’altre diverse”.
Nel XVIII secolo queste disponibilità furono significativamente incrementate da una donazione dell’imperatore Carlo VI “accordante una razione giornaliera di cento pani di munizione senza le quali non potrebbero sostenersi li detenuti”. Nell’anno 1746, però, gli amministratori lamentavano ancora l’insufficienza delle entrate per sopperire ai bisogni dei detenuti.
Il Luogo pio della Malastalla fu aggregato nel 1787 al Luogo pio della Carità. Nel 1808 le sue sostanze furono assegnate dal Ministro dell’interno alle Pie Case d’Industria, per passare poi al Patronato per i liberati dal carcere, mentre lo stabile che ospitava la prigione fu demolito al principio del Novecento.

(da Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano)

Bibliografia:

  • Serafino Biffi, Sulle antiche carceri di Milano e del ducato milanese e sui sodalizi che vi assistevano i prigionieri ed i condannati a morte, Milano, Tip. Bernardoni, 1884 (rist. anast. Milano, Cisalpino-Goliardica, 1972)
  • Bruno Viviano, Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), in Antonio Noto e Bruno Viviano, Visconti e Sforza fra le colonne del palazzo Archinto. Le sedi dei 39 luoghi pii elemosinieri di Milano (1305-1980), Milano, Giuffrè, 1980, pp. 239-244
  • Giovanni Liva, Giustizia e criminalità a Milano dal XVI al XVIII secolo (Dispensa del corso di Storia di Milano), Milano, Comune di Milano, 1999, 2 voll.
  • Milano. Radici e luoghi della carità, a cura di Lucia Aiello, Marco Bascapè e Sergio Rebora, Torino, Allemandi, 2008, pp. 65-67 (scheda di Paola Bianchi)
  • Giulia Ferrari, L’assistenza ai carcerati: il registro della Malastalla (1359-1529), tesi di laurea, rel. Mirella Ferrari, Università Cattolica del Sacro Cuore, a.a. 2010/2011
  • Guida dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri di Milano, a cura di Lucia Aiello e Marco Bascapè, Como, NodoLibri, 2012, pp. 155-157