Bonate

Bonate - immagini storiche
Immagini storiche
Bonate
Descrizione del complesso

Nel 1898 la Congregazione di Carità di Milano rileva tutti i beni dell’ex abbazia di Campomorto, di cui da alcuni anni è comproprietaria in qualità di erede di Giuseppina Augusta Mantegazza (testamento 24 marzo 1886) e di una lontana cugina di quest’ultima, Maria Mantegazza (testamento 12 agosto 1886), entrambe nubili e prive di discendenza diretta. Tali beni, estesi su una superficie complessiva di quasi 380 ettari, comprendono anche la possessione di Bonate.

Il podere di Bonate si trova a sud di Campomorto (comune autonomo fino al 1871 e oggi frazione di Siziano), dove ha sede un antico complesso abbaziale già di patronato della nobile famiglia Mantegazza. Una delle due tradizioni più accreditate intorno all’origine del luogo fa riferimento alla carneficina (da cui il toponimo Campo Mortuo) seguita a una contesa avvenuta nel VI secolo tra Longino, primo prefetto d’Italia e Perideo, condottiero longobardo forse milanese di nascita. La seconda versione fa invece risalire la costruzione della chiesa alla seconda metà dell’XI secolo per volontà di Boschino Mantegazza, protagonista di un sanguinoso scontro tra milanesi e pavesi, durante il quale il nobile avrebbe ucciso il proprio figlio, schierato sul fronte opposto, erigendo poi a titolo di espiazione uno xenodochio dedicato alla Vergine Maria per i pellegrini diretti a Roma e in Terra Santa. Studi più recenti fanno risalire l’origine del complesso di Campomorto agli anni venti del XII secolo, in particolare intorno al 1122 a opera di Giovanni Mantegazza; restano incerti i tempi e i modi in cui si insediano e operano in loco le comunità religiose maschili e femminili accreditate in età medievale e in seguito dalle fonti. Incontestabile risulta invece l’attribuzione del priorato di Santa Maria di Campomorto alla famiglia dei Mantegazza, una delle più antiche e illustri casate milanesi di parte ghibellina.

Alla figura di Leone Mantegazza, capostipite del ramo familiare detto di Solbiate sull’Arno vissuto a cavallo tra il XIV e il XV secolo, risalgono cospicui e importanti interventi edili effettuati nel complesso di Campomorto in parte ancora oggi visibili, tra cui la decorazione parietale interna degli ambienti della cosiddetta Rocchetta, attribuita dagli studi più recenti alla mano di Giovannino de’ Grassi, uno dei più significativi artisti della corte viscontea. A Francesco Mantegazza, fratello del nuovo abate, si deve invece il dono alla chiesa di Santa Maria nel 1491 dell’ancona marmorea per il presbiterio, poi murata nel catino absidale e ancora presente in situ, opera dello scultore Antonio Mantegazza attivo anche per la Certosa di Pavia.

Nel 1673 il patrimonio fondiario dell’Abbazia ammonta ad alcune migliaia di pertiche, locate a due distinti fittabili in due lotti: il primo comprendente circa 5000 pertiche di terreno fra prati, vigne, campi, risaie e un piccolo bosco suddivisi nelle località di Campomorto, Bonate e Cascina Bosco; il secondo circa 1800 pertiche in Cascina Soldati e Fornasetta. Per quanto riguarda il podere Bonate, la Mappa teresiana del 1722 (Archivio di Stato di Pavia, Catasto Carlo VI, Campomorto, foglio 11) mostra una dislocazione degli edifici profondamente differente da quella attuale. Il corpo principale appare disposto secondo l’asse est-ovest; si nota poi un secondo corpo di fabbrica a nord, parallelamente al primo, mentre due altri edifici di dimensioni minori si trovano nell’area in cui oggi sorgono le case coloniche.

Il Catasto ottocentesco (Archivio di Stato di Pavia, Catasto Lombardo Veneto, Campomorto, foglio 8) fornisce ulteriori informazioni inerenti a Bonate: nel 1869  risultano già edificati alcuni corpi di fabbrica ancora oggi esistenti, in particolare la casa padronale che appare in forme analoghe a quelle attuali, compreso l’avancorpo sotto al quale è oggi visibile il dipinto murale raffigurante una Deposizione tra i Sant’Antonio abate e San Rocco. Sul lato sinistro dell’avancorpo è murata una lapide recante l’iscrizione “IL CAV COMMENDATORE GIO MANTEGAZZA ERESSE L’ANNO 1838”. Forme simili a quelle testimoniate dalle mappe del catasto vigente hanno gli edifici rurali costruiti a cavallo del fontanile Bonate e la stecca di case coloniche meridionali di sinistra; al centro della corte è visibile anche un grande edificio rurale, oggi non più esistente.

Il chierico Giovanni Mantegazza, cui nel 1824 viene attribuita la commenda di Campomorto, insieme ai cugini Boschino e Augusto Mantegazza nel 1834 chiede il riconoscimento della nobiltà del casato e l’iscrizione nel registro araldico; dal canto suo nel 1872 Luigi Osio, direttore dell’Archivio di Stato di Milano, conferma che gli “ascendenti dei postulanti” nel sedicesimo secolo vengono qualificati con attributi riferibili a persone nobili e che alla detta famiglia competono il “patronato di alcuni benefici, e specialmente quello dell’abbazia o priorato di Campo Morto”, il quale risulta “uno dei più antichi e cospicui della Lombardia, e fino al 1796 ebbe annesso l’esercizio della podestà e giurisdizione feudale”.

Nel frattempo, per effetto della legge 15 agosto 1867 che sopprime l’asse ecclesiastico, dopo una lunga e complessa diatriba familiare scandita da processi, i diciotto compatroni pro tempore dei beni di Campomorto vengono riconosciuti comproprietari ma, data la difficoltà nel concordare tra loro una equa divisione, essi sono costretti ad alienarli mediante asta pubblica con il bando dell’ottobre 1897 che ripartisce l’intera possessione – dell’estensione complessiva di 3793,50 pertiche – in dieci lotti (poderi Bettola, Casatico, Fornasetta Superiore, Fornasetta Inferiore, La Grande, Cerreti e Galliena, Bosco, La Minore, Cascina Soldati, Bonate). Con le sue 2017,09 pertiche di estensione, il podere Bonate risulta il più consistente.

Il latifondo viene aggiudicato per la somma di 700.000 lire alla Congregazione di Carità di Milano, che a quella data ne possiede già i tre diciottesimi dell’antica divisione, come accennato grazie alle disposizioni testamentarie delle benefattrici Maria (1796-1891) e Giuseppina Augusta Mantegazza, le quali ne erano state in possesso rispettivamente per due terzi e un terzo. Per quanto riguarda Maria, detta Marietta, ispiratore del gesto benefico è da ritenere il fratello Boschino (1798-1878), che nel 1873 aveva nominato propria erede universale la sorella, riservando un legato di 130.000 lire alla Congregazione di Carità e suggerendo a Maria quest’ultima quale destinataria dei suoi beni.

Al 1898 risale l’approvazione da parte della Congregazione di Carità di uno dei sette progetti stilati nel 1891 nell’ambito di un piano di riordino generale della Cascina Bonate. Attraverso una radicale modifica della disposizione originale degli edifici, la cascina va così ad assumere una conformazione a corte chiusa: modificando il corso delle rogge circostanti viene creata una corte quadrata circondata da edifici in parte preesistenti, in parte trasformati. A quegli anni risalgono le case coloniche di destra e il prolungamento di quelle di sinistra (entrambe recano la data 1901) e la cosiddetta ex scuola, posta di fronte alla casa padronale. La Congregazione attua inoltre una permuta con i fratelli Bozzotti di Milano (verosimilmente identificabili nei possidenti e industriali Alessandro e Camillo, figli di Giovanni Battista), proprietari dei beni posti tra Bonate e Campomorto (istrumento 6 maggio 1904, notaio Giberto Bertoglio).

Di edificazione novecentesca sono le due stalle sul lato meridionale, che in facciata recano la data 1912, così come quella che chiude la corte sul lato nord, sul cui fronte occidentale, alla sommità della facciata, è dipinta la data 1913; nel 1953 l’edificio viene ampliato nella parte est (altre importanti migliorie attuate in quegli anni sono attribuite al fittabile Giorgio Cominetti da un’iscrizione posta sulla facciata della casa padronale nel 1977). Tra il 1922 e il 1943 la cascina ha subito alcuni espropri di terreni a favore dell’allargamento della Strada Vigentina.

Il solo podere di Bonate attualmente ha un’estensione di 154 ettari, sui quali vengono praticati la coltivazione del riso e l’allevamento bovino.

(testo di Sergio Rebora)