Campalestro

Il latifondo di Campalestro e Uniti, composto dall’insieme dei poderi denominati Grande di Campalestro, Malpaga e Torretta, oggi frazione del comune di Velezzo  Lomellina, lungo il corso dell’Agogna, perviene ai Luoghi Pii Elemosinieri di Milano per volontà testamentaria del benefattore conte Alfonso Turconi (1738-1805), il quale li aveva a sua volta ereditati dallo zio materno Pio Ghislieri Aizaga Malaspina (deceduto nel 1771), fratello di Anna, moglie in terze nozze di Ippolito Turconi.

I beni in questione entrano a far parte del patrimonio fondiario della famiglia Ghislieri nell’ultimo quarto del diciassettesimo secolo: tra il 1676 e il 1678 infatti Pio Ghislieri rileva dalla Congregazione degli Interessati di Milano e dalla città di Pavia 5.200 pertiche di terreno incolte e fortemente danneggiate da pregressi eventi bellici.  Del latifondo fanno anche parte una casa da nobile e l’oratorio dedicato a Santa Maria Assunta, valorizzato dai nuovi proprietari. In seguito il marchese, poi suo figlio Giovanni Battista e infine suo nipote e omonimo Pio, intraprendono lavori di ricostruzione di edifici distrutti, livellazione di terreni e coltivazione di riso e foraggi anche attraverso la revisione delle ragioni d’acque presenti in loco. Tra il 1690 e il 1693 vengono infatti riedificata la chiusa sull’Agogna, distrutta da un’alluvione un secolo prima, e riaperto il roggione di Campalestro che in precedenza era stato chiuso.

Fin dal tempo della proprietà Ghislieri i beni di Campalestro vengono in via prioritaria locati complessivamente a un unico fittabile; anche il conte Turconi e i Luoghi Pii Elemosinieri suoi eredi prediligono lo stesso sistema mentre la Congregazione di Carità, succeduta ai Luoghi Pii, dividerà le locazioni separando Campalestro e Torretta da Malpaga. Il primo podere, nel quale nel corso del Novecento avrà sede anche la attiva riseria Fratelli Cuzzoni, è stato alienato nel 1991 e il secondo nel 2006.

(testo di Sergio Rebora)