San Giuseppe a Trognano

L’oratorio di San Giuseppe viene edificato ex novo da Giuseppe Prata, accanto alla sua casa da nobile a Trognano, a partire dal 1723; le fonti attestano anticamente la presenza di altri due edifici di culto a Trognano, uno dedicato a San Siro e l’altro ai Santi Apostoli Simone e Giuda. È presumibile che i lavori di costruzione siano ultimati entro il 1726, anno in cui Prata istituisce una generosa dotazione in favore della chiesa, destinata “a beneficio di quel popolo”, ma il cui patrocinio è riservato ai suoi eredi e successori. Contestualmente l’arciprete Ippolito Bascapè impartisce la sua benedizione all’edificio.

Un inventario riferibile al 1732 fornisce una descrizione accurata della chiesa, grazie alla quale è possibile identificare numerosi oggetti tuttora conservati in loco. Consistente in un’aula unica ampia e luminosa, l’oratorio si fregia a quell’epoca di un altare maggiore in marmi policromi di stile barocchetto, sormontato da una statua lignea raffigurante San Giuseppe con il Bambino in braccio “sbiancata a forma di marmo di Carara, con suo Diadema, tanto al Bambino di rame indorato, quanto alla d.a statua di S.o Giuseppe di ferro indorato”. Risultano inoltre già presenti la statua della Immacolata, il Crocefisso e anche la Natività lignea quattrocentesca, ritenuta opera del Maestro di Trognano, ospitata nella nicchia in cui rimarrà fino al 1979. L’inventario ricorda poi un solo dipinto, quello raffigurante la Madonna del Suffragio, tuttora conservato, “due medaglie di creta tonde dipinte con sua cornice indorata a vetri, rapresentanti S. Carlo Boromeo e S. Pio Quinto” identificabili nei due rilievi posti ai lati del presbiterio, i pregiati reliquari lignei intagliati e dorati. Tra i numerosi arredi liturgici spicca inoltre “un crocifisso d’ottone sopradorato con piedestallo di marmo lasciato per legato dal Sig.r D. Ipolito Bascapé Arciprete di Bascapé, con un quadro di vetro da lui posto in Sacrestia con cornice indorata, e sopra a forma di mezza luna, rapresentante quando levaro dalla Croce Gesù Christo”.

Anche all’esterno l’edificio riflette una cura particolare: a dare risalto alla facciata armoniosa, impreziosita da un medaglione in pietra recante l’immagine del titolare posto sopra la porta di accesso, corrisponde una elegante esedra ricordata anche nel citato inventario: “un Atrio di cotto, e fatto a guisa di mezza luna, in cui vi sono quatro pilastri, sopra de quali vi sono quatro vasi grandi di Cieppo, et in mezzo a’ d.o Atrio vi è una Prospetiva  con suoi modiglioni, et sopra detta mede.ma vi è una statuina di Cieppo con nelle mani una cornucopia”.

Nel corso del diciannovesimo secolo l’Ente intraprende opere di restauro e rinnovamento all’edificio, soprattutto in merito alla manutenzione degli arredi sacri: nel 1836 vengono acquistate dodici panche nuove di noce; nel 1845 la ditta Giorgioli e Torretta di Milano costruisce un nuovo ciborio in marmo per l’altare maggiore. Al contempo la statua di San Giuseppe collocata sopra l’altare è sostituita da un dipinto a olio su tela raffigurante lo stesso Santo con il Bambino circondato da angeli, acquistato presso il mercante di arredi sacri e argentiere Angelo Ravizza. Nel 1885 e nel 1889 la Congregazione di Carità respinge le richieste di acquisto della Natività lignea da parte di privati, forse sollecitati dalla pubblicazione dello studio dell’erudito Diego Santambrogio, che divulga agli studiosi l’esistenza dell’opera.

Nel 1910 vengono aperte due finestre sulla facciata per arieggiare il vano contrastando la forte umidità interna; si rinnova inoltre la decorazione alle pareti consistente in un’architettura illusoria a lesene e archi a finto marmo e finte specchiature a bugnato con fascia di riquadro.

Nel 1979 la Natività lignea viene depositato per ragioni di sicurezza e conservazione presso la Civica Pinacoteca Malaspina di Pavia; dal 2004 l’opera, dopo il restauro effettuato da Eugenio Gritti, è depositata presso le Civiche Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco di Milano.

(testo di Sergio Rebora)