Sant’Ambrogio a Zunico

Le notizie più antiche inerenti l’oratorio risalgono alla visita pastorale del 1570, il cui resoconto rileva alcune difformità rispetto alle regole. L’altare viene infatti giudicato non confacente alle esigenze di culto, la pavimentazione risulta mancante e le pitture ad affresco della volta soprastante l’altare appaiono condotte “more veteri”. I successivi decreti vescovili (1573-1574) obbligano il Luogo Pio della Misericordia a una riedificazione complessiva dell’edificio, che dovrebbe essere “capace et decente co’ la sacrestia annessa et casa per habitatione di uno curato, seguendo il disegno di messer Pellegrino [verosimilmente Pellegrino Tibaldi] nostro architetto” (quest’ultima frase nel documento appare cancellata da un tratto d’inchiostro). Nella visita pastorale del 1597 si riscontrano le medesime contravvenzioni.

Ordini relativi alla sistemazione degli arredi e dei paramenti sacri compaiono nelle relazioni delle visite pastorali del 1609, 1617, 1641. Più rilevante il decreto successivo alla visita del 1673, che impone di collocare nuovi cancelli a protezione dell’altare e di porre al di sopra di esso “iconam pictam referentem imaginem Divi Ambrosii titularis altari”.

Nel 1749, data della visita pastorale di Giuseppe Pozzobonelli, l’edificio si presenta all’incirca nelle forme odierne: una piccola aula rettangolare, quasi una cella, che ospita un imponente altare barocchetto in marmi policromi, sormontato dalla pala settecentesca raffigurante La Pietà e Sant’Ambrogio, riferita da Vito Zani a Giovanni Angelo Borroni. La medaglia affrescata sulla volta del presbiterio, racchiuso da una balaustra dai parapetti in ferro battuto, raffigura angeli in gloria recanti i simboli della Passione e le insegne vescovili di Sant’Ambrogio ed è anch’essa riferibile al XVIII secolo.

Dal 1832 la chiesa diventa oggetto di particolare attenzione da parte dell’Ente, prodigo nel concedere piccoli lavori di manutenzione all’edificio e di rinnovamento periodico degli arredi sacri. Nel 1902 lo scultore milanese Enrico Zavatoni restaura l’assetto dell’altare, sostituendo numerose lastre marmoree di rivestimento; nella stessa circostanza il pavimento viene rialzato per stendere al di sotto di esso uno strato di ghiaia contro l’eccesso della umidità di risalita.

(testo di Sergio Rebora)